CAMBIO IDENTITÀ SENZA OPERAZIONE?

Da oggi in Italia chi desidera cambiare il proprio genere sessuale potrà farlo… senza operazione. Proprio così, udite udite, la nuova frontiera dei diritti sbarca (anzi, risbarca) nel nostro ordinamento con una decisione della Corte Costituzionale che farà discutere e non poco nei prossimi mesi. Facciamo un passo indietro e proviamo a capire il “donde” di questa clamorosa novità: con la sentenza della Consulta dello scorso 13 luglio, i giudici hanno definitivamente tolto il “Limite” di legge per cui era necessario un intervento chirurgico o trattamenti ormonali per poter ottenere la rassegnazione del sesso anagrafico. In due diversi procedimenti «le parti ricorrenti, interessate al cambio di sesso, propongono di sollevare una questione di costituzionalità sulla legge 164 del 1982 in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, perché stando alla lettera della norma l’intervento chirurgico e ormonale di trasformazione era un elemento essenziale per la rettifica del sesso anagrafico», spiega lo scoop de Il Giornale. La parte di quella legge “dava fastidio” ai ricorrenti che si sentivano discriminati, e allora il Tribunale di Trento ha rimandato tutto alla Corte Costituzionale per chiedere di poter eliminare quelle parti “scomode” della Legge in materia. Qui il colpo di scena, infatti la Consulta respinge la richiesta ma come giustamente riporta il Giornale non certo per “aderenza” alla logica biologica ma perché richiede e impone un passaggio giuridico in più. Ormai infatti il diritto fondamentale all’identità di genere è “generalmente”, scusate il gioco di parole, accettato anche nell’ordinamento italiano.



IL CONTROLLO “TOTALE” DEI GIUDICI

Ed eccola qui la novità voluta e sancita dalla Corte Costituzionale: «il giudice deve limitarsi a controllare se la persona nelle relazioni sociali, nelle aspirazioni personali e nella vita quotidiana si senta a proprio agio con una identità sessuale diversa da quella che al momento della nascita gli è stata attribuita guardando semplicemente le caratteristiche anatomiche», riporta il collega de Il Giornale nel suo reportage. Io posso scegliere dunque, in buona sostanza, di essere uomo o donna (o altro, come insegna il dettame dei diritti LGBTQ) a seconda delle mie inclinazioni personali, e per ottenere la rassegnazione del genere a livello legale non mi basta tale inclinazione ma avrò bisogno di un giudice che stabilisca come e perché io mi senta a mio agio in un genere piuttosto che in un altro. L’avvocato delle parti ricorrenti Alexander Schuster, soddisfatto, commenta all’Ansa: «questa importante sentenza evita di indulgere nella persistente prassi di molti tribunali di considerare l’ accertamento come l’ accertamento di una patologia. Finalmente la Corte abbraccia un discorso più ampio, capace di restituire alle persone trans una dignità», ma le polemiche sono scoppiate comunque, con il caso “clamoroso” che ad esempio non convince per niente anche alcuni magistrati come Alfredo Mantovano, presidente del Centro Studi Livatino.



«La sentenza conferma il ruolo del giudice che diventa arbitro della determinazione del sesso di una persona al di là dei dati naturali e originari rispetto all’ autopercezione che un singolo ha di sé rispetto al sesso o al genere per usare la terminologia di moda riconoscere tutta questa discrezionalità su un terreno così delicato deve far riflettere», spiega Mantovano sulla decisione della Corte Costituzionale. Una questione biologica, giuridica e personale, il tutto racchiuso dentro una sola sentenza che rischia di diventare già storica: «I dati di natura non sono tanti, se mettiamo in discussione se una persona è maschio o femmina figuriamoci poi il resto», attacca ancora Mantovano, sottolineando la duplice pericolosità della sentenza sia sul piano “biologico” che in quello “giuridico”. «L’identità sessuata non si decide né per legge né per libero arbitrio, ma è scritta in tutte le cellule del nostro corpo, dalla punta dei piedi ai capelli», spiega al Giornale il direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Brescia, interpellato per la vicenda del cambiamento di genere. «Gli stessi interventi di riassegnazione sessuale sono interventi esterni di chirurgia o di medicina estetica, perché l’ identità sessuata di quei soggetti non cambia né in forza di ormoni né di interventi chirurgici», avverte ancora il professore, che poi conclude con “sentenza”, «negare questo è negare le basi biologiche che la natura ci consegna, inventare una presunta identità di genere, che però non trova fondamento nella biologia».

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