Ergastolo per Rocco Schirripa, condannato come esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore di Torino assassinato dalla ‘ndrangheta nel 1983. La Corte d’Assise di Milano al termine del processo, che era ripartito da zero a causa di un vizio formale, ha deciso di condannare il 64enne ex panettiere, che era stato arrestato nel dicembre di due anni fa, a oltre 30 anni di distanza dai fatti. Accolta la richiesta del pm Marcello Tatangelo, che aveva chiesto l’ergastolo. Dopo le dichiarazioni spontanee dell’imputato la Corte d’Assise si era ritirata e dopo sei ore di camera di consiglio è uscita con il verdetto: ergastolo. Soddisfatto il pubblico ministero, che ha lasciato l’aula subito dopo la lettura della sentenza. Soddisfatte anche le figlie e i nipoti del procuratore, presenti in aula a Milano. Hanno però ribadito che la condanna di Rocco Schirripa non mette la parola fine alla ricerca della verità dell’omicidio.
SENTENZA DELITTO CACCIA: ERGASTOLO PER SCHIRRIPA
AVEVA MINACCIATO SCIOPERO DELLA FAME IN CASO DI CONDANNA
Per l’omicidio di Bruno Caccia era stato condannato in via definitiva il mandante, Domenico Belfiore, dell’omonimo clan. Oggi è arrivata la condanna all’ergastolo per Rocco Schirripa, l’esecutore materiale dell’omicidio secondo quanto stabilito dalla Corte d’Assise nella sua sentenza. Nelle dichiarazioni spontanee in aula Rocco Schirripa si era difeso definendosi «il capro espiatorio che l’accusa voleva trovare a tutti i costi». Davanti alla Corte d’Assise di Milano aveva aggiunto: «Non c’è niente di più facile che dare la colpa a uno che ha precedenti con la giustizia e che è calabrese». L’imputato aveva spiegato di essere il soggetto perfetto per l’accusa a causa della sua vicinanza a Domenico Belfiore: «Sono terrone e suo compare». L’ex panettiere aveva quindi ribadito la sua innocenza, annunciando che in caso di condanna avrebbe cominciato lo sciopero della fame. «Era scontato che sarebbe finita così», il commento del difensore del panettiere, Basilio Foti.