È una storia così bella d’apparire quasi leggenda, una di quelle scritturate per dare lustro e bellezza alla vita di montagna. Questa, però, non è leggenda: è una pagina d’inesausta passione, di un affetto che sfida la burocrazia, il senso del possibile, che regge l’urto delle forze contrarie. Pino Dellasega è un uomo di Predazzo (TN), un validissimo atleta delle Fiamme-Gialle, uno di quelli che è sempre meglio avere nella propria squadra piuttosto che in quella avversaria. La statua del Cristo pensante – posta sulla cima del Monte Castellazzo (2333 m.), nello splendido scenario del Parco Naturale delle Pale di San Martino – è una storia che in meno di un decennio ha affascinato oltre mezzo milione di pellegrini: escursionisti, gente di città, di vallata, adoratori incalliti, bestemmiatori da trivio. Uomini, donne, bambini. Tutti lassù, oltre quota duemila, in ginocchio a scrutare il volto di quel Dio in fase-di-pensamento.



Il Cristo scolpito è pensante, non è pensieroso: è forma di participio presente, dice azione in perpetua fase d’accadimento, è manovra sempre passibile di inediti. Pensando – ancor prima immaginando – Dio crea: è storia che non ha mai mutato d’aspetto. Non un Dio muto, noioso, geometrico: lassù Cristo, con lo sguardo a perdersi nelle vallate, pensa. Ripensa a quel suo primo pensiero, il più bello: pensa all’uomo. Sempre. La mia prima-volta è stata domenica: la prima volta non si scorda mai. Era la giornata dedicata alle persone con disabilità: “Dalla croce alla meraviglia. La fragilità diventa forza percorrendo sentieri diversi”. Più curioso che devoto – con me, da anni, Dio colpisce vestito in borghese – mi son fatto pellegrino, più uomo di escursioni che di fede. La fede, invece, quella vera che sposta le montagne, il Cristo-pensante me l’aveva nascosta lungo il sentiero: irto, sassoso, a tornanti. Lì c’era un popolo in-cammino: a spingere la carrozzina di Giampaolo, malato di Sla, di Chiara, di Enrico.



Eravamo sul Monte Castellazzo, montagna gemellata con Cafarnao: «Alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù» (Lc 5,19). Attorno, in-cordata, un popolo numeroso di malati mentali, gente con spasticità, bambini diversamente abili. Stampelle, mani, abbracci: gente lenta, che rallenta, gente di compagnia. Il sentiero a un certo punto s’impenna: il Castellazzo ha la forma del Calvario. Eccoli i cirenei d’oggi: a tirare le carrozzine con le corde, ad alzarle sui punti critici, a zigzagare tra sassi d’inciampo e burroni scoscesi. Non c’è la compassione, nel volto hanno solo una certezza: oggi, quassù, le pietre di inciampo scopriremo che son pietre angolari. Di sostegno, pietre possenti. Quel Cristo l’ha portato su un Boeing CH-47, un elicottero pesante da trasporto, roba da esercito, da missioni di pace. Cristo, pensante, sta lassù: a guardare in giù la gente che sale, quella che s’affretta. Che piange, ride, martella, impenna e urla. È la sua gente, quel Pensatore è il loro Dio.



Attorno è nato il Trekking del Cristo pensante (www.trekkingdelcristopensante.it). Perché credere è voce del verbo camminare-in-su: il sudore, la gioia, benedizione. “È fede-in-salita”, ho visto scritto-scolpito nelle carrozzine. Pino è una forza-della-natura: il cuore è malleabile come il cirmolo, la fede fa alzare gli elicotteri, inginocchiare gli increduli. Prima l’ha fatto lui tutto questo: anche lui, vecchia litania, è guaritore-ferito. Come Chiara Campostrini, mamma di Pietro, un bambino disabile: la grande manager che accantona Calvin Klein per diventare tessitrice di sentieri, cuore pulsante di questa domenica. Lei, Pino, un esercito intero di cuori. A Cafarnao scoperchiano il tetto, al Cristo-pensante spianano le altezze, livellano i dirupi: «Veduta la loro fede, Gesù disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”» (Lc 5,20).

All’arrivo la cima è un formicaio. C’è Lui: pensante, mani-in-pasta, sguardo in allerta. Le carrozzine sono altari, le carni-ferite ostie consacrate. Piango, dopo stagioni d’astinenza dalle lacrime: la mia è fede-povera, arrugginita, non-autosufficiente. Fede-in-salita: con loro, verso Lui.