Sono state rese note oggi le motivazioni della sentenza con la quale la Cassazione ha condannato a 16 anni di reclusione il comandante Francesco Schettino per il naufragio della Costa Concordia nel quale persero la vita 32 persone. Secondo i giudici della Suprema Corte, Schettino non osservò il “livello di diligenza, prudenza e perizia oggettivamente dovuto ed esigibile”. All’interno delle motivazioni sono stati affrontati, punto per punto, tutti gli errori commessi dal comandante e le colpe a lui attribuite a partire dalla pianificazione della rotta, fino al ritardo con cui fu dato l’allarme. La sciagura avvenne il 13 gennaio 2012 al largo dell’Isola del Giglio, mentre la sentenza in Cassazione è giunta lo scorso 12 maggio con la conferma dei 16 anni a carico di Schettino, senza il riconoscimento delle attenuanti.
FRANCESCO SCHETTINO, DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
“NON MERITA LE ATTENUANTI”
Sono 32 i morti causati dalla negligenza di Francesco Schettino, l’ora comandante della Costa Concordia, nel naufragio che provocò anche 193 feriti. Molte di queste persone, si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha reso definitiva la condanna a 16 anni di reclusione a carico di Schettino, sono state “costrette a vivere esperienze assolutamente drammatiche, sconvolgenti, inenarrabili”. Oltre a ciò, come riporta l’agenzia di stampa Ansa, occorre anche tener conto dei “gravissimi danni causati all’ambiente” in quel tratto di mare che fu ovviamente deturpato, ma anche gli “ingentissimi danni patrimoniali”. Per tutte queste ragioni, secondo quanto stabilito dai giudici della Suprema Corte che si sono espressi con sentenza lo scorso maggio, al comandante della Costa Concordia non sono state concesse le attenuanti nonostante fosse incensurato, condividendo così quanto già era stato stabilito dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. A ciò si va ad aggiungere anche il comportamento stesso di Schettino che durante il processo fu “ammissivo” per poi cambiare rotta.
“ROTTA E VELOCITÀ INADEGUATE”
Nelle motivazioni della sentenza di condanna in Cassazione, come riporta Corriere.it, i giudici partono dall’analisi della pianificazione della rotta da parte di Francesco Schettino tre ore prima del naufragio della Costa Concordia. Secondo quanto scritto nella sentenza, il comandante voleva avvicinarsi all’isola per il “saluto” programmato, dunque “era tutt’altro che ignaro della rotta tenuta dalla nave”. Eppure lui attribuì errori ed omissioni ad altri ufficiale, sebbene secondo la Cassazione non furono così decisivi o tali da “ingannare il comandante sullo stato della navigazione”. Anche la Suprema Corte, dunque, concorda con quanto emerso in Appello come “gli errori attribuiti al timoniere Rusli Bin furono in larga parte indotti dallo stesso Schettino e dalle sue concitate modalità di impartire gli ordini in rapida sequenza”. Viene poi rimproverata la “manovra spericolata” messa a segno dal comandante “tenendo una rotta e una velocità del tutto inadeguate”, sebbene le motivazioni fossero esclusivamente legate al “saluto” che lo stesso intendeva compiere.
IL RITARDO NEL DARE L’ALLARME
Dalle motivazioni appena depositate emerge poi il comportamento negligente del comandante della Concordia. A lui spettava il compito di interrompere quella che sarebbe potuta essere una manovra pericolosa, come poi è stato. Eppure, sempre secondo la Cassazione, non si può dire che la condanna sia esclusivamente il frutto della sua posizione di comandante. Un comportamento “alternativo diligente” avrebbe evitato certamente la morte delle 32 persone naufragate tragicamente. C’è poi il ritardo ad essere stato contestato dai giudici della Cassazione, come emerge dalle motivazioni della sentenza e che “ha assunto un evidente rilievo causale” nella sciagura che ha provocato oltre trenta vittime nel gennaio di cinque anni fa. Anche dopo l’impatto, scrivono i giudici, le scialuppe sarebbero potute essere tempestivamente calate in quanto l’inclinazione della nave “fu progressiva e non immediata”.