Dopo l’importante testimonianza del professor Tavani, il medico che eseguì l’autopsia sul corpo di Lidia Macchi, il processo a Stefano Binda è proseguito nel pomeriggio con le audizioni agli altri periti che si occuparono dei restanti reperti. Come riferisce il quotidiano Corriere.it, ad oggi sono ormai troppo poche le informazioni di fatto utilizzabili. Tra queste però ne spicca una, ovvero il Dna rinvenuto sul lembo della busta spedita alla famiglia di Lidia nel giorno del suo funerale e contenente la lettera anonima fino ad oggi attribuita all’imputato. Ebbene, quel Dna non sarebbe compatibile con quello di Binda, dunque non fu lui a leccarla. Ovviamente in questo giallo ancora irrisolto a distanza di un trentennio resta un rammarico grande, quello di non avere più a disposizione i vetrini contenenti il liquido seminale dell’uomo che incontrò Lidia Macchi quella notte in cui fu uccisa a coltellate poiché andarono tutti distrutti a causa di un errore del tribunale di Varese. I consulenti, intervenendo in aula, oggi hanno asserito che se fossero ancora stati in loro possesso, quei vetrini avrebbero permesso con certezza di confermare o meno l’appartenenza all’imputato.



LIDIA MACCHI, PROCESSO STEFANO BINDA: LE RIVELAZIONI DEL MEDICO LEGALE E DEI PERITI

UCCISA IN UN LUOGO DIVERSO

Spazio all’autopsia eseguita sul cadavere di Lidia Macchi nel corso della nuova udienza del processo a Stefano Binda. Stando a quanto riporta il quotidiano Il Giorno nella sua versione online, questa mattina in apertura del nuovo appuntamento con la giustizia sono state analizzate le fotografie dell’esame medico-autoptico compiuto sulla giovane studentessa nel 1987. Interessanti le conclusioni rese davanti al giudice dal medico legale Mario Tavani, il quale ha asserito che la giovane non fu vittima di una violenza sessuale e che il rapporto consumato circa mezzora prima della sua uccisione con 29 coltellate potrebbe essere stato consenziente. Non solo: stando agli accertamenti dell’epoca, secondo il professionista intervenuto oggi in aula non è escluso che Lidia Macchi sia stata uccisa in un luogo diverso dalla località Sass Pinì di Cittiglio, la zona boschiva dove fu rinvenuta cadavere. Qui, dunque, potrebbe essere stata portata solo in un secondo momento, dopo il brutale omicidio.

RAPPORTO SESSUALE CONSENZIENTE?

Le informazioni rese oggi in aula dal medico Tavani, nell’ambito del processo a carico di Stefano Binda, ex compagno di liceo di Lidia Macchi e suo presunto assassino, non hanno rappresentato una vera novità ma solo una conferma di quanto già contenuto nella relazione dell’autopsia eseguita 30 anni fa. Le sue affermazioni, tuttavia, potrebbero ribaltare in parte la ricostruzione avanzata dall’accusa. Secondo l’ordinanza del gip, il rapporto sessuale fu probabilmente consenziente. Tuttavia, non si esclude l’ipotesi che la giovane Macchi possa essere stata costretta non fisicamente ma dietro minaccia. In merito invece al luogo del delitto, secondo le indagini questo si sarebbe consumato la notte del 5 gennaio 1987 proprio a Cittiglio mentre non vi sarebbe alcun accenno ad un eventuale successivo trasporto del corpo. Tale ipotesi, invece, è stata argomentata dal medico legale Tavani giustificandola alla luce della scarsità di macchie ematiche all’interno della vettura e sul terreno, a differenza dei vestiti e del corpo che erano invece totalmente intrisi di sangue.

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