Nei giorni scorsi, prima della decisione dei medici di staccare la spina a Charlie Gard – al momento un silenzio persistente dura in Inghilterra sia dall’ospedale che dalla famiglia del piccolo Charlie, con i macchinari per ora ancora attaccasti – una lettera di una madre al quotidiano Avvenire aveva svelato un altro caso molto simile a Charlie in Italia, precisamente a Massarosa in provincia di Lucca. La mamma di Emanuele Campostrini detto Mele aveva voluto scrivere una testimonianza toccante e veritiera sulla storia di suo figlio e della sua famiglia, comprendendo da molto vicino il dramma della famiglia Gard senza alcun preconcetto o ideologia. Oggi una lunga intervista alla Nazione spiega meglio chi sia e quale rapporto vi sia tra “Mele” e Charlie: «Da quando la vita di Charlie è passata dalle mani della natura a quella dei giudici supremi e la sua storia ha commosso il mondo, Chiara è intervenuta con un video appello ai medici e alla Corte intriso di amore e di umanità, nel nome della vita di suo figlio e di altri bambini con la stessa malattia».



L’appello non ha avuto buon fine, ma i Gard da allora si sentono praticamente tutti i giorni con la famiglia italiana, scambiando aiuti, comprensione e sostegno, anche se a distanza. «In Italia, invece, la legge vieta l’interruzione delle cure nei bambini senza il permesso dei genitori. Questo diritto diventerebbe, anche da noi, molto più incerto se passasse la legge sulle DAT in discussione al Senato», spiegano ancora i genitori di “Mele” che soffre dello stesso male incurabile di Charlie. I medici all’inizio della malattia di Mele diedero un anno massimo di vita al piccolo e consigliarono di accompagnarlo alla morte evitando l’accanimento terapeutico: «ero divisa a metà. Non volevo che soffrisse ma nemmeno lasciarlo andare. Capii, però, che mentre lo aiutavo a respirare lo stavo, in realtà, accompagnando alla vita; così decidemmo di andare avanti. Non c’è nulla di più bello dell’essere genitori. La malattia è solo un aspetto secondario», sottolinea la mamma Chiara Paolini, che poi conclude sempre a La Nazione spiegando come ad oggi Mele è ancora vivo e non solo, «Fa le stesse cose degli altri, ma in un modo diverso, se deve mangiare ad esempio lo fa con un sondino, per andare a scuola, deve usare un’ambulanza e con lui c’è un’infermiera. Per il resto, è un bimbo felice, amato e pieno di speranza». (agg. di Niccolò Magnani)



È fortissimo l’appello promulgata dal Movimento per la Vita italiano sul caso di Charlie Gard, non il primo in queste ultime settimane. Con il presidente Gian Luigi Gigli, la richiesta fatta ieri al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è assai forte e rileva la totale discontinuità con la decisione della Corte CEDU e dei giudici inglesi in merito alla fine-vita del piccolo bimbo inglese. «Il ministro Lorenzin, che e’ mamma di due bambini faccia un bel gesto e chieda al suo omologo inglese di autorizzare il trasferimento di Charlie in un ospedale italiano. Sostenga la richiesta affermando che da noi la pena di morte non esiste e che in Italia ‘inguaribile’ non vuol dire ‘incurabile’», spiega il presidente del Movimento in difesa della vita ad ogni stadio.



Molto polemica la nota del Movimento visto che Gigli prende di mira anche la questione Totò Riina e “accomuna” con filo sottile (e discutibile) il caso di Charlie Gard. «Charlie pero’ non potra’ morire nella sua culla, a casa sua, neanche si trattasse di Toto’ Riina. La motivazione ufficiale e’ che Charlie e’ affetto da una malattia inevitabilmente mortale, come se ognuno di noi non lo fosse». (agg. di Niccolò Magnani)

Charlie Gard, anche la giornata di oggi potrebbe essere la tua ultima giornata su questa terra, e le polemiche non si fermano: nella doppia “corrente” di pensiero sull’intera vicenda, riflette anche l’Arcivescovo di Trieste, Monsignor. Gianpaolo Crepladi, anche presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuan. «La vicenda del piccolo Charlie Gard […] ci pone davanti a principi e valori fondamentali per l’uomo e la convivenza civile». Crepaldi parla alla sua comunità e Diocesi, e fa riferimento specifico a quei principi di totale rispetto della vita umana, del primato dei genitori sulla gestione di vita o di morte da parte di stato e giudici. «È inammissibile che sia lo Stato, o un giudice, o una Corte di giustizia a stabilire chi deve vivere e chi deve morire: I genitori del bambino volevano tentare una nuova terapia, per la quale avevano anche raccolto le risorse necessarie. Era loro diritto farlo», spiega ancora Crepaldi.

Il vescovo parla anche di eutanasia, e non esita a definirla tale anche nel caso del piccolo Charlie: «si vuole di fatto applicare un trattamento eutanasico, e questo non può essere accettato. Il caso è dirompente perché l’attuazione della sentenza minerebbe i fondamenti stessi dell’umanesimo cristiano e si aprirebbe un radicale percorso di esodo dalla nostra civiltà. Charlie Gard ha bisogno dell’affetto dei suoi genitori, dell’impegno dei medici per assisterlo e della preghiera dei cristiani. Non di sentenze che ne decretano la morte. La morte di Stato è un’orrenda invenzione ideologica». (agg. di Niccolò Magnani)

La Chiesa cattolica continua a schierarsi a favore dei genitori di Charlie Gard e a favore del valore della vita. Dopo il tweet di Papa Francesco, continua il dibattito tra i religiosi. Per il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nella vita purtroppo conta il “fare”, l’efficienza. «E, allora, quando siamo di fronte a chi non è più produttivo, efficiente o magari non lo è mai stato che cosa fare? In questo caso gli uomini, con le loro leggi e sentenze, possono intervenire e decidere se una vita sia degna d’esser vissuta o meno», ha dichiarato Moraglia, come riportato dall’Ansa. Il Patriarca di Venezia ha ribadito il valore della vita, anche quando non è più “affascinante”, sana e vigorosa: «Sempre si tratta di vita umana». Moraglia teme che se la società, una cultura o un ordinamento giuridico decidano «della qualità di una vita, ma non del suo indiscutibile primato», allora il rischio è di «cadere nell’arbitrio».

Un ultimo weekend al fianco di Charlie Gard: il Great Ormond Street Hospital ha concesso più tempo ai genitori del bimbo di 10 mesi affetto da deplezione del dna mitocondriale, una rara malattia genetica. Avrebbero voluto portarlo negli Stati Uniti per sottoporlo ad una cura sperimentale, ma Connie Yates e Chris Gard hanno perso tutti i ricorsi, anche quello presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il dibattito è uscito però dalle aule di tribunale, coinvolgendo anche Papa Francesco. «Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo», ha scritto su Twitter. Per Piero Santantonio, presidente di Mitocoin, associazione che si occupa di malattie mitocondriali, esistono trial per il caso di Charlie Gard. «Nella sottoclasse delle malattie mitocondriali a cui appartiene la sindrome di Charlie esistono approcci terapeutici positivi. Su alcune patologie è cominciata la sperimentazione». Per Santantonio, padre di un bambino con una malattia rara della stessa famiglia di quella di Charlie Gard, c’è un approccio terapeutico che potrebbe funzionare: «È assurdo che non ci si possa provare in una condizione che è unica nel panorama della scienza medica: non solo abbiamo la persona che è disposta a fare il tentativo della terapia sperimentale, ma porta anche i fondi».