Com’è difficile avere quindici anni oggi.
Com’è difficile avere quindici anni ed essere un maschio. Perché un maschio quindicenne di oggi è cresciuto fra Youporn e Sex and the city, e ha l’idea che una donna, ogni donna, non cerchi altro che “quello”.
Non è una novità, peraltro, per un maschio. Nella storia, i maschi hanno più o meno sempre pensato che le donne siano a loro disposizione. Dal “ratto delle Sabine”, che ci insegnavano a scuola senza che ci rendessimo minimamente conto di quel che voleva dire — i maschi vincitori fanno delle donne vinte bottino di guerra —, allo “stupro etnico” delle guerre di Serbia degli anni Novanta — l’altro ieri —, dagli harem ottomani alle olgettine, i maschi hanno sempre pensato che le donne fossero oggetto di conquista, fossero il contrassegno della loro bravura. La civiltà cristiana ha provato, con tenacia e con fatica e anche con successo, almeno in parte, a insegnare che donne e uomini hanno lo stesso valore. Ma oggi che la civiltà cristiana non c’è più l’idea tribale che le donne siano un oggetto per il piacere maschile è tornata a campeggiare trionfalmente da ogni trasmissione tv, da ogni sito internet — non da tutti, naturalmente, ma certo da tutti quelli che un maschio quindicenne frequenta.
Com’è difficile avere quindici anni ed essere una ragazza. Perché una ragazza quindicenne oggi è cresciuta fra Youporn e Sex and the city — non scandalizzarti, amico lettore, un esperto di queste cose mi spiegava recentemente che il cinquanta per cento delle bambine di quarta e quinta elementare frequenta Youporn perché è la loro fonte di informazione sul sesso —, e ha l’idea che mettersi in mostra, competere col maschio sul piano del libertinaggio sessuale sia un fattore fondamentale dell’immagine di una donna che non voglia passare per una “sfigata” (lo ha spiegato benissimo Lucetta Scaraffia in un articolo uscito qualche mese fa sul Corriere della Sera).
I maschi, oggi come una volta, pensano che le donne siano a loro disposizione. Le donne, oggi diversamente da una volta, pensano che esibire il proprio corpo sia un valore fondamentale. E poi non si capiscono. I maschi interpretano una certa disinvoltura come un segno di disponibilità. Le ragazze mostrano la loro disinvoltura come un segno di libertà. E poi succede, come a Marechiaro, un disastro.
Sia ben chiaro, non voglio essere arruolato tra le fila di quelli che dicono che se una ragazza è stata violentata è colpa sua perché aveva la minigonna. Dio mi scampi e liberi: una ragazza deve poter andare in giro vestita come vuole, muoversi come vuole, ed essere rispettata. Ma come si fa, oggi, a far capire a un maschio in preda agli ormoni che una donna è un valore da rispettare? Come fa una ragazza, oggi, a essere giustamente orgogliosa della sua bellezza e al tempo stesso a non accontentarsi del fatto che gli altri vedano solo quello?
Leggo dello stupro di Marechiaro, leggo della fatica che la vittima ha fatto a dire a qualcuno della violenza che ha subito, leggo che due dei violentatori hanno postato su Facebook una foto di loro abbracciati con la didascalia: “Passerà anche questa, sempre insieme amico”, e mi chiedo: ma noi siamo innocenti? Ma chi di noi ha lottato per insegnare loro che una donna è più della pelle che mostra? Che cosa faccio io per aiutare i quindicenni di oggi — ne ho fra i miei alunni, so come è difficile — che il rapporto fra un uomo e una donna è la cosa più bella e più grande del mondo? Uno stupro è uno stupro, non si discute, questione da codice penale. Ma chi aiuta questi ragazzi a capire il valore straordinario che i nostri corpi hanno?