La morte di Chester Bennington, il leader dei Linkin Park, ha sconvolto milioni di fan della band in tutto il mondo, impossibilitati a capacitarsi della scelta del loro idolo di togliersi la vita impiccandosi nella sua casa di Palos Verdes Estates, a sud di Los Angeles. Nel frattempo, come riporta La Repubblica, il profilo Twitter della moglie di Chester è stato hackerato da alcuni pirati informatici che hanno sfornato una serie di cinguettii assolutamente da condannare. Cercando di far credere che a parlare fosse la compagna del cantante suicida, Talinda Bennington, gli hacker hanno scritto:”L’ho incoraggiato al suicidio, gli ho detto che a nessuno importava di lui”, e poi “Non si è ucciso, era già morto prima che si impiccasse, ho le prove”, continuando con “Non l’ho mai amato, l’ho sposato solo per soldi” e con un altro tweet inerente un presunto tradimento della donna con Mike Shinoda, un componente della band. Il profilo, come spesso accade in questi casi, non è stato chiuso: una volta estromessi gli hacker si è provveduto soltanto alla rimozione dei messaggi incriminati. (agg. di Dario D’Angelo)



TUTTI I DEMONI DEL CANTANTE DEI LINKIN PARK

L’EPISODIO PRIMA DELLA MORTE

Il suicidio di Chester Bennington è stato un vero e proprio choc per gli altri membri dei Linkin Park. ll giorno stesso del suicidio, il 20 luglio, la band era attesa ad Hollywood per uno shooting fotografico. Tmz riporta un singolare episodio. Uno dei compagni è stato infatti visto nei pressi della sua abitazione, poco dopo l’arrivo della polizia. In pratica stava andando a prendere Chester per il servizio. Logicamente lo choc è stato forte. Chester era tornato a Los Angeles il 19 luglio dall’Arizona, dove aveva trascorso del tempo con la moglie. In California lo attendevano nuovi progetti lavorativi con i Linkin Park. Il gruppo sarebbe infatti dovuto partire con il tour nel giro di una settimana, fattore che ha reso il suicidio di Chester Bennington un fulmine a ciel sereno. Purtroppo i nuovi progetti non partiranno mai. Facciano quello che vogliono, io non vado dietro la testa di nessuno.



TRA ABUSI E VIOLENZE, UN’INFANZIA DIFFICILE

“In the end”, uno dei più grandi e noti successi dei Linkin Park, oggi risuona quasi come un tragico addio che Chester Bennington non può cantare. Ieri il cantante la cui voce ha conquistato milioni di fan si è suicidato, impiccandosi all’età di 41 anni e ancora oggi tutti i suoi fan si chiedono cosa lo abbia spinto ad un passo così drastico e drammatico, così come ci si chiede perchè ci siano morti così simili nel mondo delle grandi stelle della musica. Alle spalle di Chester Bennington c’è un passato difficile anche solo da raccontare. «Crescere, per me, è stato molto spaventoso e molto solitario. Ho cominciato a essere molestato quando avevo circa sette o otto anni» ha raccontato tempo fa il frontman dei Linkin Park, svelando quella che probabilmente è soltanto una parte di ciò che di crudo e difficile c’è stato nella sua vita. Gravi i traumi infantili di Chester, abusi e violenze ai quali si è poi aggiunto un altro trauma personale: il divorzio dei suoi genitori.



LA VITA DRAMMATICA DI CHESTER BENNINGTON

DALLA DROGA ALLA DEPRESSIONE FINO AL SUICIDIO

Aveva 11 anni allora Bennington, che riusciù ad allietare le sue pene avvicinandosi alla droga e all’alcol. Oppio, anfetamine e cocaina divennero parte della sua vita, una vita ai margini, vissuta in modo altalenante tra momenti bui e momenti meno bui. L’amore e la nascita dei suoi figli così come la musica e la scrittura erano per Chester una “piacevole pausa” dai suoi demoni chiamati alcol e droga, ma a questi ben presto si è aggiunto quello della depressione, di cui il cantante ha duramente sofferto. Oggi di lui sono rimasti ricordi, musica, canzoni e quella voce potente che sarà davvero difficile da dimenticare.