Nel 2014, il governo di Manuel Valls aveva adottato delle nuove misure restrittive per lottare contro la radicalizzazione di matrice jihadista che prevedevano l’istituzione di un “centro nazionale per l’ascolto e l’orientamento per le famiglie” e di un “dispositivo di reinserimento individualizzato”. L’esecutivo francese ha deciso di rafforzare ulteriormente la normativa antiterrorismo che punta a proteggere la sicurezza nazionale e a combattere il terrorismo di matrice islamista.
Con questa normativa, lo stato di emergenza, decretato a seguito degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, è stato nuovamente prorogato di 6 mesi, fino al 1 novembre. La normativa introdotta consente di adottare misure di controllo amministrativo e di sorveglianza e di procedere a perquisizioni domiciliari e sequestri. Inoltre, l’efficacia di tali dispositivi è sottoposta a una revisione annuale. I prefetti possono delimitare un “perimetro di protezione” intorno a un luogo sensibile e ad alto rischio attentato dove effettuare delle perquisizioni amministrative dei soggetti che costituiscono una minaccia per la sicurezza del Paese, in tutte le ore del giorno e della notte. La normativa prevede altresì la verifica delle generalità anagrafiche, l’ispezione visiva e la perquisizione dei bagagli dei soggetti sospetti e dei veicoli che circolano oppure sostano in un luogo pubblico.
Al prefetto e al Comune viene conferito il potere di chiudere i luoghi di culto che fanno proselitismo, controllare telefoni e computer, ordinare perquisizioni, e far indossare il braccialetto elettronico. Il disegno di legge stabilisce un maggior controllo nell’identificare i passeggeri negli scali aeroportuali e nei porti. La Francia sta usando misure molto restrittive contro il jihadismo, il proselitismo e la radicalizzazione. La tensione è altissima. Il governo francese aveva adottato 79 misure volte a deradicalizzare gli jihadisti arruolati al terrorismo.
In Italia, la Camera dei deputati ha approvato una proposta di legge che introduce una serie di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista. Il provvedimento è passato all’esame del Senato. Mentre la legislazione francese tende a inasprire le misure contro il terrorismo di matrice jihadista e a rafforzare la sicurezza dello Stato, la normativa italiana, discussa alla Camera dei Deputati, intende “provvedere al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti già coinvolti in fenomeni di radicalizzazione”. L’art. 5 delle “misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”, sottoscritta e sostenuta da 28 deputati del Pd, prevede infatti l’inserimento lavorativo di soggetti esposti ai rischi di radicalizzazione. Come si può pensare di recuperare e di inserire nella nostra società dei soggetti violenti, che rischiano di compiere un attentato?
Il soggetto radicalizzato è pronto a compiere atti terroristici e a porre in essere un comportamento violento e criminale. La normativa italiana non sembra tenere conto dell’estrema pericolosità dello jihadista, della sua mentalità particolarmente dogmatica correlata a una forte ostilità verso le nuove idee e a una intolleranza verso l’ambiguità. L’indottrinamento dello jihadista avviene mediante solgan, parole d’ordine, stereotipi e una somministrazione di rinforzi stimolo. Il soggetto radicalizzato subisce un martellante brain washing, un lavaggio del cervello volto a condizionare, manipolare e destrutturare la sua mente. Il radicalizzato è sottoposto a una manipolazione psicologica basata su tecniche di comunicazione persuasive. Il soggetto subisce una programmazione mentale accompagnata da una sistematica e talora forzata eliminazione di idee consolidate, sostituite da credenze particolarmente radicate e pericolose. Gli studi psicologici hanno dimostrato che, nella maggior parte dei casi, la deradicalizzazione di uno jihadista è quasi impossibile poiché le sue convinzioni sono estremamente forti e perentorie, sono rinforzate e impiantate da stimoli molto intensi.
L’Italia non ha capito la pericolosità del fenomeno, come difendersi dal terrorismo proponendo infatti un portale informativo (avete capito bene, portale) che intende spiegare la cultura della convivenza pacifica fra le religioni, le razze e gli orientamenti politici, nonché diffondere il principio dell’uguaglianza di genere. Il piano prevede l’introduzione di strumenti legati all’evoluzione tecnologica come la creazione di un numero verde, di una piattaforma multimediale al fine di favorire l’integrazione, il dialogo interculturale e interreligioso. Per le stesse finalità è previsto che la Rai, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, mandi in onda prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba. Inoltre, la proposta di legge istituisce il Comitato parlamentare volto soltanto a monitorare i fenomeni legati alla radicalizzazione, a riferire i risultati dell’attività svolta e formulare eventuali proposte o segnalazioni.
La proposta di legge prevede anche l’istituzione del Centro nazionale sulla radicalizzazione (Crad) presso il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del ministero dell’Interno, che possa elaborare un piano annuale strategico nazionale per prevenire la radicalizzazione e recuperare i soggetti coinvolti. È previsto il finanziamento di progetti per la formazione universitaria e post-universitaria volti a formare figure professionali specializzate nella prevenzione e nel contrasto al radicalismo, nel dialogo interreligioso, nelle relazione interculturali ed economiche e nello sviluppo dei Paesi di emigrazione. Un regolamento ministeriale dovrà adottare un piano nazionale per garantire ai detenuti e agli internati uno specifico trattamento penitenziario volto soltanto alla loro rieducazione.
Certo la differenza tra il progetto francese e quello italiano fa intravedere che l’Italia sta all’ABC, sottovalutando il rischio del terrorismo criminale che è molto ma molto strutturato e all’avanguardia.