LA DENUNCIA DELLA SORELLA
La morte di Pino Pelosi, nome legato all’uccisione di Pier Paolo Pasolini in quanto ritenuto dalla giustizia italiana il solo responsabile del delitto del noto poeta e scrittore, è stata seguita anche dalle polemiche. Come quella sollevata dalla sorella Anna a Il Mattino in riferimento ai funerali di Pino. Una parrocchia di Setteville, dove Pino Pelosi è nato, infatti, si sarebbe rifiutata di celebrare i funerali. “Ho chiesto di fare il funerale di mio fratello perché lui era di zona, lo avevo chiesto al parroco dove io andavo sempre in chiesa, Don Gino, con il quale c’era pure un certo rapporto perché frequento la parrocchia, e mi ha detto di no”: così Anna Pelosi ai microfoni dei cronisti. La spiegazione del parroco è stata legata alla parrocchia di appartenenza: a sua detta, i funerali di Pelosi dovevano svolgersi solo presso la sua parrocchia. “Io gli ho detto che mio fratello è stato in questa zona, veniva sempre qui da 30 anni, ma lui ha rifiutato, non c’è stato verso”. Quindi la sorella si sarebbe rivolta ad un parroco di un’altra zona che ha subito accettato di eseguire le celebrazioni del fratello defunto. La donna ha quindi denunciato e ribadito la presenza di inspiegabili discriminazioni: “E’ stato trattato come un criminale, non si fa così. Ci sono rimasta malissimo”, ha chiosato. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LE PAURE DEL SUO AVVOCATO
Con la scomparsa di Pino Pelosi, l’uomo indicato come il solo responsabile dell’uccisione di Pier Paolo Pasolini, si sono sollevati i timori del suo legale, Alessandro Olivieri. Come riporta Il Fatto Quotidiano nella sua edizione online, durante i funerali del 59enne, stroncato da un tumore, Olivieri ha manifestato le sue paure: “Io sono preoccupato per me stesso perché sono a conoscenza di informazioni abbastanza cariche di significato e importanza”, ha dichiarato. A detta del suo avvocato, con la morte di Pino “se ne va una persona importante perché conosceva i fatti”. Il riferimento è proprio al delitto Pasolini del quale se ne assunse le responsabilità, salvo poi ritrattare tutto a distanza di molti anni dall’uccisione dell’intellettuale. Ora, quelle informazioni le custodisce il suo legale, il quale ha già espresso il desiderio di rivolgersi alla procura per cercare di capire a chi girare quanto in sua conoscenza. “Pino ha provato a far uscire pezzi di verità ma ogni volta veniva aggredito e accusato”, commenta oggi il suo avvocato che chiarisce come il fatto che Pino non avesse detto la verità prima è legato al desiderio forte di proteggere la sua famiglia. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
UN DELITTO MISTERIOSO
Giuseppe Pelosi, conosciuto anche come “Pino la Rana”, è morto lo scorso giovedì dopo aver lottato invano contro un tumore, che lo ha portato via a 59 anni. Per la giustizia italiana, lui era l’unico responsabile dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini, consumatosi nella notte tra l’1 ed il 2 novembre 1975. Aveva appena 17 anni, Pelosi era insieme allo scrittore quando si consumò l’aggressione mortale, all’Idroscalo di Ostia. Il giovane scappò, ma fu poi fermato dalla polizia che, alla luce di una serie di indizi – tra cui le tracce di sangue di Pasolini nella sua auto – lo ritenne il solo colpevole del delitto. Fu lo stesso Pino ad assumersi successivamente le responsabilità di quel massacro asserendo di aver agito dopo essersi rifiutato alle avances del poeta, per poi picchiarlo fino alla morte. L’anno successivo al delitto arrivò la condanna a 9 anni di reclusione a carico di Pino Pelosi nonostante i dubbi che ruotavano attorno alla vicenda al punto da essere inizialmente condannato per omicidio in concorso con ignoti. Dopo sette anni di reclusione, giunse per lui la semilibertà, infine la libertà condizionata nel luglio 1983. Il vero colpo di scena arrivò a 30 anni dall’uccisione di Pier Paolo Pasolini, quando colui che per anni fu ritenuto il suo solo assassino, ritrattò tutto facendo cadere le certezze che avevano fino a quel momento caratterizzato l’intero caso: “Sono innocente, non fui io ad uccidere Pasolini”. Nelle sue dichiarazioni, giunte nel corso di un’intervista a Franca Leosini, fu rilanciata l’ipotesi di un gruppo di picchiatori che volevano dare una lezione al poeta.
PINO PELOSI, DOPO LA SUA MORTE RESTA IL GIALLO SULL’UCCISIONE DI PASOLINI
Il delitto Pasolini, con la morte di Pino Pelosi, è destinato a restare un vero mistero. Dopo la sua ritrattazione l’uomo fornì troppe versioni differenti tra loro. Tanti i nomi e gli scenari emersi a partire dal 2005 e che riaprirono l’annoso quesito. Chi ha ucciso Pasolini? “Non chiedetelo a Pelosi”, replicò all’epoca Sergio Citti, amico e collaboratore dello scrittore ucciso. Ma nella vita di Pino Pelosi, a partire da quella sua nuova confessione che ribaltò tutto riaccendendo i riflettori sul delitto del celebre intellettuale, entrò con forza anche Franca Leosini. “Credo che Pelosi con queste ultime dichiarazioni abbia veramente riscritto una pagina fondamentale di questo mistero”, commentò all’epoca, ribadendo la sua convinzione nell’innocenza dell’uomo. Lei, Pelosi aveva imparato a conoscerlo bene negli anni, dopo il primo incontro avvenuto nel 1998. Dopo aver scontato quegli anni di carcere per quell’omicidio in concorso con ignoti mai di fatto cercati, la Leosini decise di aiutarlo. “Pelosi rubava perché giurava di non trovare lavoro a causa dell’omicidio Pasolini? Glielo trovai io il lavoro, puliva i giardini”, ha ammesso in una recente intervista a La Stampa, dopo la morte dell’uomo.
IL RAPPORTO CON FRANCA LEOSINI
Quel rapporto speciale che si instaurò tra Pino Pelosi e Franca Leosini emerge solo oggi, in modo esclusivo, dalle parole della conduttrice, commossa dopo la morte dell’uomo. Negli anni, dopo quel primo incontro, la giornalista non lo abbandonò mai. Si rincontrarono nel 2014 e parlarono ancora una volta del delitto Pasolini. “Lui mi disse una cosa brutta per la quale lo sgridai. Disse che se si fosse accusato di aver ucciso il signor Rossi non sarebbe successo tutto quello che era accaduto. Non potevo ammettere una dichiarazione come questa e, appunto, fui dura con lui e gli contestai una serie di cose che non mi stavano bene. Con Pelosi lo facevo spesso”, ha dichiarato a La Stampa. Al quotidiano la Leosini ha spiegato la natura del loro rapporto: “Io ho seguito Pelosi per misericordia, l’ho aiutato in tutto, anche nel decorso della sua malattia terribile, senza dirlo, nella più totale discrezione”, ha ammesso. E’ stata la stessa conduttrice a farlo operate al Gemelli e visitare da un urologo della Fondazione Veronesi. Si sentivano spesso, l’ultima volta due giorni prima della sua morte. “Mi aveva pregato di andarlo a trovare, l’avrei fatto domani, troppo tardi”, ha rivelato la Leosini, che ha chiosato: “Ho tentato di tenerlo in vita il più a lungo possibile e sono contenta di averlo fatto”. Questa sera, la giornalista dedicherà a Pelosi una puntata speciale della sua Storie Maledette.