C’è rammarico per l’epilogo della vicenda relativa a Charlie Gard, ma non rimorso nelle riflessioni dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per rispondere all’appello della famiglia e cercare di dare un’opportunità ulteriore di cura al piccolo Charlie», ha dichiarato il presidente Mariella Enoc. Il rimorso forse spetta a chi non ha effettuato sei mesi fa la diagnosi per la cura sperimentale con deossinucleotidi, ma la struttura ospedaliera preferisce non lasciarsi imbrigliare nel dibattito che ora si è aperto sulle responsabilità. Non è il caso di lanciare accuse per il professor Enrico Bertini, primario di malattie muscolari e neurovegetative, perché in casi come questo non esistono punti di riferimento certi. Alla luce delle evidenze scientifiche richiamate nel documento che l’équipe internazionale ha firmato, la cura sperimentale rappresentava comunque un’opportunità per Charlie Gard: questa la tesi esposta nella conferenza stampa che si è tenuta oggi per illustrare l’eredità che ci sta lasciando il piccolo di 11 mesi, affetto da una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Ma non c’era più nulla da fare «a causa delle condizioni gravemente compromesse del tessuto muscolare». La terapia sperimentale potrà essere in futuro un’opportunità per chi ha patologie rare o la stessa di Charlie Gard.



CHARLIE GARD, PARLA IL BAMBINO GESÙ

PERCHÈ NON È STATO SOTTOPOSTO ALLA TERAPIA SPERIMENTALE

Il Bambino Gesù ha spiegato che i risultati della nuova risonanza magnetica presentavano un quadro di encefalopatia in peggioramento, ma non del tutto irreversibile. D’altro canto i risultati degli esami muscolari supplementari hanno evidenziato una grave e diffusa perdita irreversibile del tessuto muscolare. Da qui la decisione di desistere dall’avvio della terapia sperimentale. «Il gravissimo contesto clinico che abbiamo trovato avrebbe configurato il tentativo di terapia sperimentale come un accanimento terapeutico». Forse si è arrivati tardi. E il “forse” è doveroso, perché non è possibile sapere cosa sarebbe accaduto sei mesi fa se Charlie Gard fosse stato sottoposto alla cura sperimentale. «Non possiamo sapere se avrebbe risposto alla terapia sperimentale, perché siamo di fronte ad una condizione rara di cui non conosciamo la storia naturale e della quale non disponiamo di protocolli terapeutici riconosciuti. Nel campo delle malattie rare e ultra-rare, ogni storia è un caso a sé».



LA GRANDE EREDITÀ CHE CI LASCIA CHARLIE

L’unica certezza di cui dispone il Bambino Gesù è aver fatto tutto ciò che Connie Yates aveva chiesto loro di fare. L’ospedale aveva inizialmente offerto accoglienza e accompagnamento, ma la madre del piccolo aveva chiesto di più. «Ci ha chiesto di verificare, attraverso un confronto internazionale tra clinici e ricercatori, la possibilità di offrire a suo figlio un’opportunità credibile di cura, un’opportunità che fosse supportata da evidenze scientifiche e da valutazioni cliniche aggiornate e condivise». Quando però è avvenuta la valutazione del caso non c’erano i presupposti per sottoporre il bimbo alla terapia sperimentale. Il Bambino Gesù è però convinto che qualche risultato sia stato raggiunto: innanzitutto è stata data una risposta prima che la spina venisse staccata, poi c’è stato un confronto congiunto internazionale, «un fatto straordinario, un caso emblematico per il futuro delle malattie rare». La comunità scientifica internazionale si è mossa per la prima volta su un singolo paziente. Il lavoro a stretto contatto che gli scienziati hanno svolto «rappresenta un precedente che darà più forza a tutti i Charlie che verranno». Ecco allora l’eredità di Charlie Gard: «l’impegno a sviluppare concretamente un modello di medicina personalizzata». 

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