Sono stati giorni di grande tensione quelli vissuti all’interno del carcere di Canton Mombello, dove un manipolo di detenuti ha messo a dura prova il già precario equilibrio di un istituto penitenziario in cui la carenza di personale (con molti agenti in ferie), gli spazi ristretti e il caldo, costituiscono di per sé gli ingredienti perfetti per dare il via ad una rivolta. Tutto, stando alla ricostruzione de Il Corriere della Sera, sembra essere nato per vecchie ruggini tra gruppi rivali di spacciatori, venutisi a trovare a contatto ravvicinato fra i corridoi della struttura. In condizioni di libertà, i manovali di queste “agenzie dello spaccio”, difficilmente si incontrano. Per la regola che stabilisce la spartizione delle zone di spaccio, sono rare le occasioni in cui un pusher invade gli spazi altrui. Quando però il capo di uno dei gruppi finiti agli arresti in questi giorni tra via Milano e la zona della stazione ferroviaria è stato trasferito in una zona diversa da quella degli affiliati, la rabbia è esplosa in tutta la sua forza. I più impegnati a protestare erano alcuni detenuti tunisini, resisi protagonisti di una serie di atti di autolesionismo (pratica non nuova tra i carcerati maghrebini) che aveva accresciuto non poco la tensione. 



RIVOLTA NEL CARCERE DI CANTON MOMBELLO: RIPORTATA LA CALMA

LA STRATEGIA DELLA DIREZIONE

Dinanzi a questi episodi di autolesionismo (cinque) e al pugno rifilato in pieno volto ad un poliziotto, la direzione di Canton Mombello, per un giorno ha vietato il libero passeggio, provocando però la rumorosa protesta di una parte di detenuti, che ha fatto sentire il proprio malcontento dedicandosi alla “battitura” delle sbarre. Per non trovarsi impreparati, anche durante l’ora d’aria gli agenti hanno scortato i detenuti all’aperto provvisti di caschi, scudi e manganelli. Per fortuna, però, non c’è stato bisogno di utilizzarli. La direttrice del penitenziario bresciano, Francesca Gioieni, ha spiegato:”I nostri agenti hanno saputo gestire la situazione di tensione con la massima professionalità. Anche perché queste cose si risolvono soprattutto con il dialogo”. Si è infatti cercato di risalire al gruppo che era maggiormente impegnato nel tentativo di riscaldare gli animi cercando di comprenderne le ragioni e provando a trovare una risposta. Un plauso, per com’è stata gestita la vicenda, è arrivato anche da Cgil e Sinappe (il sindacato autonomo della polizia penitenziaria). 

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