Dopo il Bambin Gesù ora anche le strutture dell’Unitalsi – Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali – si dicono pronte ad accogliere il piccolo Charlie Gard, ancora appeso alla vita dal respiratore e dal silenzio dell’ospedale inglese che in linea teorica avrebbero dovuto dar seguito alla sentenza delle corti inglesi già la scorsa settimana. «l’Associazione è vicina a Charlie e ai suoi genitori e continuerà ad impegnarsi per famiglie e bambini in difficoltà che chiedono assistenza, accoglienza, conforto e attenzione», spiega l’Arcivescovo emerito di Trento, mons. Luigi Bressan e assistente nazionale dell’Unitalsi. Un’accoglienza totale e concreta per tutti i malati sofferenti e dunque anche per Charlie Gard, ribadisce il presidente nazionale Antonio Diella: «le nostre residenze in tutta Italia sono aperte per Charlie e per tutti i bambini ammalati».
Vicini agli ammalati ma anche impegnati a capire come, da cristiani, poter stare di fronte ad una malattia così ed a un dolore come quello della famiglia Gard: «la vicenda del piccolo Charlie, che tocca il cuore di ciascuno di noi, ci sprona ad allargare lo sguardo e ad andare oltre la malattia. Il valore e la dignità di Charlie e di ogni essere umano vanno preservati fino alla fine: prendersi cura, accompagnare, stare accanto in ogni fase e in ogni momento dell’esistenza di un essere umano è il nostro sì alla vita».
Mentre Vaticano e Usa proseguono nel difficilissimo dialogo con l’Inghilterra per provare a trovare un’alternativa alla decisione giuridica sul caso Charlie Gard, nei nostri confini alcune mamme di alcuni consueti “cretini” rimangono costantemente incinta. Accade tutto a Teramo, come rivela il Vescovo mons. Michele Seccia nel video pubblicato su YouTube e ripreso dal Sir: un commento vi radio che contesta tutto questo “interesse” per un bambino che ormai è una «larva umana» e perciò compiendo un accanimento terapeutico unico. La replica durissima del vescovo ricaccia indietro il commento “abominevole” e spiega così alla sua comunità: «In nessuno stadio, dal concepimento alla nascita, fino all’età più adulta, l’uomo può essere chiamato larva», esclama il vescovo Seccia, che poi aggiunge «Rifiuto categoricamente questa espressione. Se cominciassimo a usare questi termini, torneremmo a ideologie e comportamenti totalitari, che pubblicamente condanniamo, ma subdolamente coltiviamo».
Secondo appello, questa volta “diplomatico” per portare Charlie Gard negli Stati Uniti: a farlo è ovviamente Donald Trump che ha fatto sapere questa mattina con una nota della Casa Bianca, di “aver richiesto un incontro bilaterale con la premier May nel prossimo G20 di Amburgo. Il presidente Usa cercherà di convincere l’omologo inglese per provare a trasferire il bimbo inglese nelle strutture ospedaliere americane e mettere così in atto il trattamento sperimentale che potrebbe provare a dare qualche minima speranza in più contro la terribile malattia genetica da deplezione mitocondriale. Il tutto nonostante la May prosegue nel non voler intervenire tra le decisioni dei giudici e quelle dei medici; dopo il Vaticano è certamente Washington la più attiva a livello diplomatico nel cercare di convincere lo stato inglese ad accettare il trasferimento. Questo significa, con il G20 nei prossimi giorni, che Charlie almeno per altri 2-3 giorni rimarrà attaccato alle macchine e non verrà staccata la spina? La speranza c’è, anche se la discrezione dell’ospedale londinese prosegue su tutta la linea…
Il caso di Charlie Gard è tutt’altro che chiuso: l’attivismo dell’ospedale Bambin Gesù di Roma sembra davvero aver messo per ora in “crisi” la sentenza della Corte inglese che avrebbe dovuto staccare la spina già la scorsa settimane. Riavvolgiamo brevemente il nastro: arriva la sentenza CEDU che conferma quella dei giudici inglese, l’ospedale GOSH dà ancora qualche ora in più alla famiglia di stare vicino a Charlie, ma in quelle ore succede qualcosa. Infatti prima un tweet del Papa, poi le parole decise della Cei e infine la proposta dell’Ospedale Bambin Gesù (di proprietà della Santa Sede) di accogliere il piccolo bimbo per praticare un nuovo modo di accompagnamento e nuova analisi per possibili altre cure. Per “motivi legali” l’ospedale inglese impedisce il trasferimento come conferma anche ieri il “no, grazie” del ministro Johnson su pressing del ministro italiano Angelino Alfano. E infine, ieri pomeriggio il presidente del Bambin Gesù che conferma all’Ansa, «Se noi fossimo disposti a eseguire la sentenza della Corte Suprema l’ospedale inglese potrebbe accettare il trasferimento di Charlie a Roma. Ma l’ospedale Bambino Gesu’ non puo’ considerare questa opportunità», ha riferito Mariella Enoc, aggiungendo poco dopo «Loro non possono trasportare il bambino a meno che non applichiamo il protocollo indicato dalla Suprema Corte, che prevede di non praticare nessuna cura al bambino e di staccare la spina.
E’ ovvio che abbiamo risposto di no». Ma qualcosa è cambiato ancora, visto che i medici che seguono le malattie rare all’ospedale romano hanno fatto sapere di lavorare ad un protocollo da giorni su possibili altri trattamenti sperimentali per il piccolo Charlie Gard: «I medici sono in contatto anche con alcuni esperti statunitensi. Questa mattina la mamma di Charlie ha parlato con i medici dell’ospedale romano dopo il contatto di ieri con la presidente Enoc», fa sapere ancora la struttura ospedaliera del Vaticano. In serata altro colpo di scena della vasta e complessa vicenda, con le primissime parole di Theresa May sul caso del piccolo affetto da una gravissima malattia: «Sono fiduciosa sul fatto che il Great Ormond Street Hospital stia valutando ogni offerta su nuove informazioni che gli arriva considerando il benessere di un bambino gravemente malato». Si riaccende una piccola ma viva speranza per la famiglia di Charlie?
La vicenda di Charlie Gard, dopo la proposta di aiuto concreto offerto dal Vaticano e dalla Casa Bianca, ha ottenuto un clamore ancora maggiore rispetto alle scorse settimane: è il momento decisivo, visto che da giorni i medici dovevano staccare la spina del respiratore, ma ancora non lo hanno fatto e proprio questo “mistero” sta accendendo la speranza che qualcosa ancora possa essere fatto. Chi si intende davvero di queste malattie rarissime, anche qui in Italia, ha voluto far sentire la propria voce spesso inascoltata anche in questi giorni convulsi in cui sembra che tutti sappiano/abbiano la “ricetta” sul palmo di mano. Con un lungo comunicato stampa la Uniamo Fimr Onlus (Federazione Italiana dei Malati Rari) ha voluto dire la sua sulla vicenda Charlie Gard, ponendo una questione di vitale importanza: «con questa sentenza il destino di tutti i piccoli che nascono affetti da malattie rare e complesse è fortemente segnato, come il diritto di decisione sul loro futuro da parte dei genitori.
Di fatto, con questa battaglia legale siamo di fronte a una scelta epocale che ci vede coinvolti anche come società civile: il paziente e il caregiver familiare hanno diritto di scelta o no sulla salute e, di conseguenza, sulla loro vita?». La volontà dei genitori di voler andare a fondo dell’unico trattamento esistente è stata negata, secondo l’associazione di chi vive questa malattia e tante altre “silenziose” di cui nessuno parla che però di fronte alla vicenda Charlie si sentono “doppiamente” chiamati in causa, come uomini e come malati. «La scelta, in casi aperti come questi, non dovrebbe essere tolta ai genitori in base a valutazioni cliniche comunque parziali rispetto a quanto si sa dello sviluppo della malattia. L’equipe medica in questo caso dovrebbe essere prudente, e accompagnare la decisione dei genitori nel modo migliore possibile».