Facebook ha di recente raggiunto il traguardo dei 2 miliardi di utenti e, in coincidenza con questo numero stratosferico, Mark Zuckerberg avrebbe affermato che la nuova missione del social sarebbe quella di fornire al mondo una comunità come lo erano le chiese. Cioè, in altre parole, ha detto che Facebook è una “nuova chiesa” la cui missione dovrebbe essere quella che in passato aveva la religione. Gli ha risposto per tutti Robert Jeffries, il maggior pastore della chiesa battista di Dallas, spiegando che anche se Facebook potrà migliorare il ministero delle religioni la tecnologia non potrà mai sostituire la Chiesa.
Nel riferire l’accaduto ho usato virgolette e condizionali non perché le parole usate siano incerte ma perché con gli yankee, quando parlano di religione, non si è mai sicuri di aver capito bene quello che dicono, visto che la religione ce l’hanno nel sangue e forse per questo la mettono davvero dappertutto: ora è la volta di Facebook ma era già capitato con Star Wars e Lucas, tanto per fare un altro esempio. Tornando al fondatore e Ceo di Facebook, una volta Zuckerberg alla domanda “Sei ateo?” aveva risposto: “No, sono cresciuto come ebreo e ho passato un periodo in cui mi sono fatto tante domande, ma ora credo che la religione sia molto importante”.
Io penso che quando Zuckerberg usa parole come religione e comunità a proposito di Facebook, intenda questi termini in senso metaforico. Il fondatore di Facebook infatti deve sapere per forza che la vera connessione tra la gente non è quella virtuale ma quella reale: basterebbe riflettere sull’impegno che sta mettendo internet — e Facebook è in prima linea — per vincere la battaglia delle fakenews. Perché alla lunga alla gente interessa la notizia se è vera, non se è clamorosa. Io posso decidere che su Facebook metto solo foto dell’unghia del mio mignolo sinistro: ma deve essere proprio il mio. La gente altrimenti prima o poi se ne accorge. E mi banna.
Se la verità e la realtà sono necessarie per Facebook figurarsi se non lo sono per una religione, e per il cristianesimo poi che è la religione della carne. Proprio in un giorno come oggi del 2013, festa di san Tommaso apostolo, quello che ha messo le dita nelle piaghe di Cristo, Papa Francesco spiegava da par suo che il cristianesimo è la religione della carne. “Nella storia della Chiesa — diceva — ci sono stati alcuni sbagli nel cammino verso Dio. Alcuni hanno creduto che il Dio vivente, il Dio dei cristiani si potesse trovare andando più alto nella meditazione. Ma questo è pericoloso; quanti si perdono in quel cammino e non arrivano? Arrivano sì, forse, alla conoscenza di Dio, ma non di Gesù Cristo, Figlio di Dio, seconda Persona della Trinità. A quello non ci arrivano. È il cammino degli gnostici. Altri hanno pensato che per arrivare a Dio dobbiamo essere buoni, mortificati, austeri e hanno scelto la strada della penitenza. Questi sono i pelagiani”. Ma la nostra religione, concludeva, dice di incontrare Dio incontrando l’uomo e questi si può trovare solo “dando al corpo, al corpo e anche all’anima, ma sottolineo al corpo” l’amore, l’attenzione, la tenerezza che questi si merita e si aspetta.
Questa è la religione di Cristo, di Dio, quando ha pensato all’uomo. Una religione che pensa alla relazione di cui l’uomo vive e si nutre. E questa relazione si chiama comunità, cioè Chiesa. Apparentemente “comunità” si traduce in inglese con “community” ma non credo siano davvero lo stesso. E, nel mio profondo, penso che Zuckerberg, intelligente com’è, lo sappia benissimo: come sa benissimo che l’amicizia di Facebook non è l’amicizia della realtà. Non si arriva a 2 miliardi di persone prendendo fischi per fiaschi.