Si è aperto oggi, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catania, il processo di secondo grado a carico di Veronica Panarello, la giovane madre di Santa Croce Camerina, condannata a 30 anni per il delitto del figlio primogenito Lorys Stival. Poco prima dell’apertura dell’udienza, svoltasi a porte chiuse, il difensore della donna, l’avvocato Francesco Villardita, ha rivelato l’avvenuta uscita dal carcere di Veronica autorizzata dalla Corte d’Appello e finalizzata a recarsi sulla tomba del figlio ucciso per una preghiera. La Panarello si sarebbe intrattenuta nel cimitero di Santa Croce Camerina per un paio di ore. Ciò sarebbe accaduto cinque giorni fa, come asserito dall’avvocato a Corriere.it. La decisione della Corte, tuttavia, non avrebbe trovato d’accordo Davide Stival, papà di Lorys. Lo ha rivelato il suo legale, l’avvocato Daniele Scrofani sottolineando come l’uomo sia solito andare a fare visita alla tomba del figlio e “si sarebbe potuto trovare fianco a fianco con una situazione fortissima dal punto di visto emotivo”. La rabbia di Davide Stival deriva dal fatto di averlo saputo solo a cose fatte. “Lui sta cercando di voltare pagina, ha trovato un’occupazione dopo un periodo in cui non ha lavorato. Ora ha bisogno di serenità e oggi non è qui perché non si è voluto sottoporre a ulteriore stress”, ha aggiunto il legale dell’uomo giustificando l’assenza di Davide nella prima udienza del secondo grado a carico di Veronica Panarello.
Per Veronica Panarello, la giovane madre di Santa Croce Camerina oggi 6 luglio si aprirà a Catania il processo d’Appello al termine del quale sapremo se sarà o meno confermata la condanna inflitta nel primo grado. La donna sta scontando 30 anni di carcere per l’omicidio e l’occultamento di cadavere del figlio Lorys Stival, ucciso il 29 novembre 2014 nella sua abitazione. Lorys perse la vita in modo violento all’età di 8 anni, e sulle responsabilità della madre l’accusa non ha mai avuto alcun dubbio. Veronica scelse di essere processata con il rito abbreviato, da qui la condanna a 30 anni di reclusione (il massimo della pena secondo questo procedimento che prevede lo sconto di un terzo), ma nonostante questo ha sempre sostenuto di non essere stata lei ad uccidere il figlio primogenito. Del delitto, continua invece ad accusare il suocero Andrea Stival, nonno paterno ma che per i giudici sarebbe del tutto estraneo alla vicenda. Di recente, alla vigilia del processo d’Appello, Veronica Panarello ha ribadito la sua innocenza rispetto all’uccisione di Lorys e lo ha fatto in una lettera indirizzata al giornalista della trasmissione Quarto Grado, Simone Toscano.
Pur riconoscendo la terribile accusa della quale si è macchiata, Veronica ha però riaffermato la sua estraneità: “Ho anche le mie colpe e per queste voglio pagare, ma non ho ucciso io Lorys”. Questa è stata per la Panarello anche l’occasione per rivolgersi al marito Davide Stival, il quale ha ufficialmente preso le distanze da lei, per parlare del secondogenito: “È da più di un anno che non so più com’è il suo viso perché non ricevo più sue foto o notizie. Io non smetterò mai di scrivergli perché un giorno saprà che non l’ho abbandonato e che l’ho sempre pensato”. In occasione dell’apertura del secondo grado, in Corte d’Assise d’Appello a Catania, non sono previsti grandi colpi di scena, poiché l’imputata sembra confermare la sua ultima versione, quella cioè che la vede protagonista solo nella fase dell’occultamento, mentre nella precedente del delitto vero e proprio continua ad accusare il suocero.
Alla vigilia del processo d’Appello in partenza nella giornata odierna a carico di Veronica Panarello, per la donna nei giorni scorsi è giunta una buona notizia. Stando a quanto riferito dal Giornale di Sicilia nella versione di Ragusa online, la presunta assassina di Lorys Stival, già condannata in primo grado a 30 anni di reclusione, presto potrà tornare a fare visita sulla tomba del figlio scomparso quasi tre anni fa. Il piccolo Lorys è sepolto nel cimitero di Santa Croce Camerina e sulla sua tomba la madre accusata del crimine più orrendo si era già recata, per la prima volta, quasi due anni fa, ovvero nell’agosto del 2015. Già all’epoca su di lei pendeva la pesantissima accusa di aver soffocato e quindi ucciso con delle fascette da elettricista il primogenito di appena 8 anni, ma questa volta si tratterebbe di un dolore ancora maggiore poiché Veronica porta con sé anche la condanna giunta con sentenza di primo grado.
Presto potrebbe essere confermata anche in Appello, ma ora la donna attende con ansia che la polizia penitenziaria possa decidere quando potrà recarsi sulla tomba del suo bambino. La stessa, nella sua missiva indirizzata al cronista di Quarto Grado ha anche voluto sottolineare come la sua vita sia drasticamente cambiata dal giorno del delitto del figlio, fino a ritrovarsi, oggi, completamente sola: “Chi diceva di amarmi e volermi bene si è dissolto nell’ombra”, ha scritto. A starle vicino solo il padre e lo studio legale Villardita del quale fa parte il suo difensore, l’avvocato Francesco Villardita.