Quella di Bruno Contrada è una vicenda che definire paradossale è poco: arrestato alla vigilia di Natale del 1992, l’ex numero due del Sisdi (i servizi segreti), deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza, confermata dalla Cassazione dopo una serie di condanne e assoluzioni, è di 10 anni: e Bruno Contrada li sconta tutti, tra carcere e domiciliari. Nonostante questo, però, la battaglia legale continua: perché il reato che oggi conosciamo tutti, all’epoca non era ben definito. In un certo senso Bruno Contrada agiva in maniera illecita, ma il vuoto giuridico in materia lo assolveva, almeno parzialmente, dalle sue colpe. Questa, come riporta Mattia Feltri per La Stampa, è la sintesi di una vicenda processuale che nel 2015, con il ricorso di Contrada alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, ha vissuto una delle sue tappe cruciali. Perché quella sentenza ha permesso a Contrada di chiedere la ripetizione del processo prima a Catania e poi a Palermo. Dinanzi all’ennesimo rifiuto, Contrada giunge fino in Cassazione, che il nuovo processo non lo concede e sceglie una soluzione molto “italiana”: per mettere la parola fine alla storia dichiara infatti che quella sentenza di condanna è “ineseguibile e improduttiva di effetti”. In poche parole Contrada innocente non è, ma ha la fedina penale pulita, di conseguenza la condanna pur esistendo non va eseguita: peccato che Contrada l’abbia già scontata.
Bruno Contrada, dopo la sentenza che ha revocato la condanna che gli aveva affibbiato la fama di essere l’uomo dello Stato che intratteneva rapporti con la Mafia, in un’intervista a Il Resto del Carlino chiede una cosa soltanto:”Voglio che mi ridiano la divisa da poliziotto perché non ho mai tradito lo Stato. Ho diritto a morire come un poliziotto e non lo dico per una questione economica”. Ora che la battaglia legale si è finalmente conclusa, Contrada appare sollevato ma stanco:”La sofferenza è finita”, dice. “La mia vita è stata devastata”. Contrada, però, ha ancora voglia di proclamare la sua innocenza, di chiarire che ad inchiodarlo sono stati collaboratori di giustizia a suo dire non credibili:”Quelli che mi hanno accusato, i cosiddetti pentiti, erano tutte persone che non mi erano estranee perché da poliziotto li avevo perseguiti come criminali mafiosi. Soprattutto Gaspare Mutolo che è il primo che mi ha accusato e cui ho fatto fare tanti anni di carcere. Accusandomi, prendevano due piccioni con una fava, perché ottenevano dei vantaggi come collaboratori di giustizia: dal denaro alle libertà. Comunque posso dire che nel mio caso tutti i fatti che mi sono stati contestati, sono tutti falsi. Mai commesso un reato. Neppure un’infrazione al codice della strada”. Questi, per lui, sono i giorni della rivalsa.
Nell’intervista concessa a Il Resto del Carlino, Bruno Contrada ha spiegato qual era il suo lavoro da poliziotto negli anni in cui a Palermo erano davvero in pochi a contrastare la mafia. Era, per stare alle parole dell’ex numero due dei servizi, una Palermo simile ad un “nido di vipere”. Questo il suo racconto:”Allora non c’era la legislazione antimafia, non c’erano i dispositivi tecnologici e non c’erano neppure i pentiti. Non esisteva l’associazione a delinquere di stampo mafioso. E io per fare le indagini dovevo avere dei confidenti e non solo io, ma tutta la polizia. Come poliziotto avevo i rapporti coi poliziotti e i criminali. Se vedevo in un bar un personaggio vicino alle cosche e non ancora indagato o finito in qualche inchiesta, provavo ad avvicinarlo per cercare di ottenere informazioni preziose per le indagini. Ero un poliziotto di strada, non stavo dietro una scrivania ad aspettare le confidenze di un pentito”. Ma che ne pensa Bruno Contrada della cosiddetta trattativa Stato-Mafia? “Non credo che ci sia stata una trattativa vera e propria, perché sennò dovremmo considerare trattativa qualsiasi rapporto tra organi di Stato e pentiti. Sul terzo livello un conto è parlare di politica e un conto di politici che hanno deviato dai loro compiti istituzionali”. Eppure, da Contrada, arrivano parole importanti sulla fine della Mafia per come l’abbiamo conosciuta:”Quella mafia intesa come crimine organizzato siciliano è stata sconfitta. Esiste un’ altra mafia che ha altri modi di operare e interessi in altri settori”.