Cancellava dal cellulare la conversazione con il pusher mentre la fidanzata moriva: questa è l’ultima accusa rivolta al fidanzato di Adele de Vincenzi, la 16enne uccisa dall’ecstasy. La posizione di Sergio Bernardin si sta aggravando man mano che proseguono le indagini degli inquirenti. Tre messaggi, spediti e ricevuti intorno alle 21, sono stati cancellati dal telefono del 18enne. Il contenuto peraltro è molto banale, del tipo “Ci vediamo?” e “A che ora?“. Si trovano però sul cellulare dello spacciatore, non su quello del 18enne, che quindi li ha cancellati. Resta da capire quando li abbia cancellati: si tratta di un dettaglio fondamentale, perché potrebbe aggravare ulteriormente la sua posizione. Gli inquirenti sospettano che li abbia eliminati nei 40 minuti in cui Adele de Vincenzi è passata dall’accusare il malore alla morte o nelle ore immediatamente successive. Una cosa è certa ora: alle 6 del mattino, quando gli è stato sequestrato il cellulare, quei messaggi non c’erano più. Non è da escludere che li abbia cancellati dopo aver contattato il pusher, ma non c’era motivo per gli investigatori, visto che non sono compromettenti. Non si fa alcun riferimento a grammi, tipo di droga, né altro che avrebbe potuto metterlo nei guai.
16ENNE UCCISA DA UNA DOSE DI MDMA
IL FIDANZATO NON AVREBBE COLLABORATO CON I SOCCORRITORI
Per questo, come riportato dal Corriere della Sera, gli inquirenti sospettano che Sergio Bernardin li abbia eliminati mentre la 16enne lottava tra la vita e la morte. Questa interpretazione dei fatti è ovviamente tutta da verificare, ma sembrerebbe trovare conferma nelle testimonianze dei soccorritori, secondo cui hanno dovuto insistere parecchio per sapere che tipo di droga avesse assunto la ragazza e in che quantità. Anche per questo motivo ieri il gip Nicoletta Bolelli ha accolto la richiesta della procura e confermato il carcere al fidanzato di Adele de Vincenzi e all’amico Gabriele Rigotti. Speravano nei domiciliari, invece restano in carcere. Nelle motivazioni è precisato che potrebbero commettere nuovamente i reati di cui sono accusati e inquinare le prove. «Il loro comportamento fa dubitare della loro capacità di ravvedimento, autocontrollo e di riflessione sulla gravità del fatto».