“…tremavi, ahimè!/ e le galline cantavano, Un cocco!/ ecco ecco un cocco un cocco per te!”. Occhio, vecchio caro Zvanì Pascoli, che a differenza che nella tua poesia Valentino, qui le galline sono olandesi, fanno uova tossiche, e Valentino trema di febbre e non di freddo. E’ anche irritabile, soffre di letargia e bisogna che si faccia controllare reni fegato e tiroide. Eh sì, i Paesi Bassi (dopo aver vergognosamente impestato coi tifosi del Feyenoord piazza di Spagna e fracassato la Barcaccia del Bernini) stanno impestando mezza Europa, non con gli hooligans, ma con le uova contaminate con il Fipronil, un insetticida (il fluocianobenpirazolo) il cui uso è proibito dalle leggi europee negli allevamenti di animali destinati al consumo alimentare. Invece due boss (arrestati) della ditta olandese Chickfriend l’hanno messo illegalmente nel Dega16, prodotto usato per disinfestare da pidocchi, acari e zecche, ottenendo un cocktail più efficace ma fuori legge.
Fa male? Dipende — Per l’uomo il Fipronil è tossico e dà i sintomi che accusa Valentino. “Moderatamente tossico”, puntualizza l’Organizzazione mondiale della Sanità. Ovvero? “Tutto dipende dalla quantità”, spiegano gli esperti, che sono un po’ come il comunista interpretato da Ferrini a “Quelli della notte”, quando assicurava che “fumare fa male un po’, però dipende, come è scritto sulla Pravda, numero 143 del 1937”. Sempre gli esperti dicono che un bimbo può mangiare senza conseguenze per la salute (colesterolo a parte) 1,7 uova impestate al giorno, un adulto chi dice 3 chi 4, chi addirittura 7. Appunto: dipende. Adesso se sei un esperto calcoli il range come un sondaggista calcola la forchetta: col pressappoco è meno facile toppare. Comunque noi italiani consumiamo 215 uova all’anno pro-capite, meno di uno al giorno. Siamo salvi.
Meglio sequestrare, meglio — Ora, siccome il cocco olandese non fa poi tanto male, la Commissione Ue ha elencato 15 paesi membri invasi dalle uova con la brutta sorpresa. Questi: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovenia, Slovacchia, Danimarca e Italia. E inoltre Svizzera e Hong Kong. In Germania, che in questi mesi dall’Olanda ha importato 10 milioni di uova, le grandi catene di supermercati le hanno ritirate dagli scaffali. Idem nel Regno Unito, che ne ha importati solo 700mila. La Francia ha sequestrato cautelativamente 48mila uova moderatamente tossiche a fine luglio. Un precedente lotto di 196mila uova in aprile era invece finito dritto nelle pance dei consommateurs. “Senza conseguenze per la salute”, tranquillizza il ministro dell’agricoltura Stéphane Travert. Se lo dice lui. E’ allarme, ma non c’è problema. Il caso è grave, ma non serio. Riunione d’urgenza in sede europea per fronteggiare l’emergenza: il 26 settembre. Fra un mese e mezzo. Tranquilli, l’emergenza c’è ma va affrontata senza precipitazione.
L’uovo con l’Iban — Quanto all’Italia, assicura il nostro ministero che ad oggi “non risultano distribuite al consumo uova contaminate o loro derivati”. Un carico di roba olandese lavorata in Francia, a noi giunto, è stato comunque tolto di mezzo. E attraverso le Regioni sono stati disposti controlli a campione. Non si sa mai. E poi l’Italia di uova ne importa non tantissime; le galline le abbiamo anche noi e le uova le fanno doc, con l’Iban sul guscio, insomma c’è stampata una lunga sequenza di numeri e lettere, in cui IT vuol dire Italia, A-B-C se di gallina allevata a terra o no, e altro ancora. Dotarsi di lente di ingrandimento.
Untori a triangolo — Al momento i paesi untori sono quattro. L’untore numero uno risulta l’Olanda, che produce 10 miliardi di uova all’anno e ne esporta 6,5 (un ovetto all’anno per ogni essere umano) e che ha messo i sigilli a 200 allevamenti. Il paese untore numero due è il Belgio, che di aziende ne ha fermate più di 80. Piccoli untorelli sono Francia e Germania, con un numero di fattorie boccate che si conta sulle dita di una mano.
A complicare la vicenda delle uova, manco fosse una storia di amorazzi, è il triangolo. Le uova olandesi bloccate in Italia venivano da una ditta francese; grande parte è esportata, o lavorata, da imprese del Belgio. Perché il cocco che compriamo col suo bel guscio rappresenta non più della metà della produzione, l’altra metà è appunto lavorata in funzione dei derivati industriali. Sta di fatto che ogni triangolo è facile causa di litigi. E infatti è nata una rissa. Da pollaio, ovvio, date le circostanze.
Pollaio Europa — Signora Maestra, è stato lui! Dai Paesi Bassi l’allarme viene lanciato il 2 agosto, con segnalazione alla Signora Maestra Commissione Europea (quella con la matita rossa e blu) e allegata indicazione del Belgio come esportatore colpevole in quanto “sapeva da giugno”. Nei panni di Maramalden, anche la Germania, con il ministro dell’Agricoltura Schmidt, dà addosso al Belgio. Il Belgio non ci sta, a lui risulta che a sapere prima erano invece proprio i Paesi Bassi: addirittura da novembre 2016. Ops. Si scopre che è vero. Non lo ammette, però, il direttore del Nvwa, l’organismo ministeriale di controllo, Robert van Lint, che porta penosamente la giustifica: “Il rapporto di allora parlava di allevamenti non di uova”. Però da gallina a uovo il passo, diciamo così, è breve. Perché non fare verifiche? “Impossibile — spiega l’olandese volante — perché le uova sono state mangiate”. Ammette invece, quando ormai è impossibile negare, la ministra della Sanità, Edith Schippers, che “col senno di poi si sarebbero dovute adottare misure per garantire l’applicazione della legge”. Non ho parole.
La gallina non è un animale intelligente? Dipende — E questi signori sarebbero gli impeccabili campioni dell’elegante “rigore calvinista olandese”? L’autodefinizione porta la firma del socialdemocratico (olandese) presidente dell’eurogruppo, Jeroen Rene Victor Anton Dijsselbloem. Lui e i suoi amici impeccabili si sentono vocati a salvare i migliori, i predestinati (dei paesi protestanti) dai popoli ubriaconi e puttanieri dei paesi (cattolici) del sud-Europa. Ma mi faccia il piacere!, esplodono in coro le galline italiane (cattoliche). Ora la domanda è: ma la gallina è un animale intelligente? Dipende. Quelle italiane fanno le uova doc con l’Iban, quelle olandesi, e non per colpa loro ma dei loro illuminati padroni, fanno le uova taroc, con fluocianobenpirazolo q.b. Inoltre, le galline italiane hanno letto bene Max Weber (quello de Il protestantesimo e lo spirito del capitalismo, che comunque non ha ragione) meglio di certi orangisti che lo citano perché fa in, senza averlo letto. E quanto all’uso delle risorse, le galline nostrane fanno la colletta per pagare i restauri della fontana del Bernini, fracassata dagli hooligans calvinisti fedeli al motto: chi rompe non paga.