Era il 13 agosto 2007, esattamente 10 anni fa: avveniva una mattina d’estate il delitto di Garlasco. Chiara Poggi, studentessa di 24 anni, era a casa da sola, nella villetta a 2 piani del paesino in provincia di Padova. I genitori e il fratello erano andati in vacanza, Chiara non sapeva che qualcuno di lì a poco l’avrebbe macellata, forse a martellate, coprendo di sangue ogni angolo di quella che stava per diventare villetta dell’orrore. L’ultima persona a vederla in vita fu Alberto Stasi, il fidanzato che si era recato a casa sua in bicicletta. Lui a lanciare l’allarme, a telefonare al 112:”Venite, ho trovato una persona uccisa in via Pascoli…”. In casa è pieno del suo DNA, non ci sono segni di scasso, finestre rotte. Il killer di Chiara è entrato in casa perché la vittima l’ha fatto entrare. Una decina di giorni dopo l’omicidio, Alberto Stasi viene arrestato poiché gravemente indiziato per l’omicidio: dopo soli 4 giorni il gip decide per la scarcerazione ritenendo gli indizi infondati. Ha inizio il tormentone giudiziario che culminerà con la condanna definitva a 16 anni di Stasi.



GLI INDIZI

Quella tra Chiara e Alberto è una coppia all’apparenza normale, quasi perfetta. Entrambi sono studenti universitari impegnati. Lui frequenta alla Bocconi, è ad un passo dalla tesi di laurea. Anche quella mattina sostiene di avervi messo mano. Il delitto di Garlasco viene collocato tra le 9:12, orario in cui Chiara disinnesca l’allarme e le 9:35. In questo lasso di tempo il pc di Alberto risulta acceso: è un punto a suo favore. Sul portasapone del bagno di Chiara, però, viene ritrovata un’impronta di Alberto: ha tentato di pulirsi del sangue della vittima? C’è un altro dettaglio che divide gli inquirenti: le scarpe. Secondo alcuni è impossibile che in una villetta chiazzata di sangue, quelle del killer non si siano sporcate. La suola di quelle di Alberto, però, risulta perfettamente pulita: è normale? Il dettaglio che sembra incastrarlo riguarda la bicicletta, quella con cui si è recato a casa di Chiara. A distanza di anni, infatti, si scopre che i pedali montati sulla bici sono stati sostituiti, non sono quelli originali. Alberto li ha cambiati per evitare che venissero ritrovate tracce di sangue della vittima?



L’ASSENZA DI MOVENTE E ANDREA SEMPIO

Quando Alberto Stasi viene condannato dalla Cassazione a 16 anni di reclusione per il delitto di Garlasco fa la sua comparsa davanti al penitenziario milanese di Bollate e inizia a scontare la sua condanna senza attendere l’ordine di carcerazione. Anche i giudici che lo condannano in via definitiva devono ammettere, dopo anni di indagini, che un movente plausibile che giustifichi la mattanza di quel 13 agosto in realtà non c’è. Certo c’è la scoperta da parte di Chiara delle visite di Alberto su siti pedopornografici, ma non sembra poter derivare da questa evidenza la furia del killer. Proprio quando anche Alberto Stasi sembra rassegnato a dover scontare in carcere la condanna, arriva il colpo di scena: indagini private dei suoi difensori chiamano in causa Andrea Sempio. Si tratta di un amico del fratello di Chiara, che in quegli anni frequentava casa Poggi: tracce di DNA ritrovate, sempre secondo la difesa di Alberto, sotto le unghie della vittima sembrano coincidere con quello del ragazzo, comparato dopo essere stato prelevato dalla saliva lasciata su una tazzina di caffè in un bar. I difensori di Alberto chiedono la riapertura del caso, la bufera mediatica si scatena, ma nel giro di un mese il gip chiarisce che Sempio non poteva trovarsi sul luogo del delitto a Garlasco il 13 agosto del 2007, esattamente 10 anni fa. Ad uccidere Chiara Poggi, per la giustizia, è stato Alberto Stasi.



LE PAROLE DELLA MAMMA DI CHIARA

Per una mamma che ha perso la propria figlia il tempo non esiste più. Dieci anni oggi dal delitto di Garlasco, ma per Rita Poggi, come riporta Il Giorno, è stato un attimo:”Sembra ieri, ma sono passati dieci anni. Ricordo ogni cosa. Quando ho visto Chiara per l’ultima volta. La partenza per la nostra vacanza a Falzes, in Trentino, con mio marito e mio figlio Marco. L’ultima telefonata che le ho fatto, domenica sera. La chiamata dei carabinieri che ci dicevano di tornare a Garlasco”. L’assenza di Chiara si fa sentire, ma la sua presenza è palpabile, un paradosso da cui non si sfugge:”Sulla sua tomba i fiori ci sono sempre, ma oggi ce ne sono molti di più. Chi le ha voluto bene non si dimentica di lei. Non so chi sarebbe oggi Chiara. A volte cerco di immaginarla, ma poi mi fermo: fa troppo male. Non ci penso. Non voglio pensare a cosa sono stati dieci anni. C’è una sentenza definitiva, la giustizia aiuta. Ma non voglio pensare a niente, a nessuno, solo a Chiara. In questi giorni c’è solo il ricordo di mia figlia”. Per mamma Rita e la sua famiglia, però, dopo 10 anni di processi è il momento della pace:”Una vicenda che non ci ha mai permesso di cercare di andare avanti con un po’ di tranquillità. Ma adesso, dopo l’ultima sentenza definitiva della Cassazione (16 anni di condanna ad Alberto Stasi, ndr) e il rigetto della richiesta di revisione, siamo più sereni”. A darle manforte, in questi anni, è stata la figlia:”Chiara è sempre con me”.