Lancia l’allarme Mauro Pili, deputato di Unidos che proprio non ci sta a vedere la sua Sardegna come prossima sede del Deposito Unico che dovrà accogliere le scorie nucleari di tutta l’Italia. Lo fa, come riporta l’Unione Sarda, denunciando la decisione del governo che “punta ancora una volta sulla Sardegna”. Prova a muoversi per tempo, perché il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, che in questi giorni è sottoposto alla Valutazione ambientale strategica (Vas), si concluderà il 13 settembre, fra meno di un mese. Pili, per queste ragioni, denuncia: “Non scrivono mai il nome ma la procedura, incentrata sulla guida tecnica dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), porta dritti all’Isola“. Il deputato spiega infatti che “ci sono carte e mappe che indicano rischi e pericoli e, in sintesi, affermano che la Sardegna sarebbe la terra più sicura per le scorie nucleari“. Per contrastare le misure che potrebbero presto essere approvate dal Ministero dell’Ambiente, Pili ha già inviato a tutti i sindaci della Sardegna uno schema di delibera di consiglio comunale da approvare e trasmettere entro il 13 settembre perché, ne è sicuro, “occorre una mobilitazione straordinaria perché questo passaggio ufficiale sia bloccato sul nascere, e se la Regione continuerà a dormire dovranno essere i sardi a far sentire, anche attraverso i loro consigli comunali, la propria voce, forte e contraria”.



LA SITUAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA

L’annuncio della costruzione di un deposito unico di scorie nucleari in Sardegna ha fatto risvegliare il dibattito sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia. Come ricorda L’Unione Sarda, nel nostro Paese sono attualmente attivi 20 stabilimenti, ma già nel 2003 un decreto firmato dal governo allora presieduto da Sivlio Berlusconi tentò di seguire il modello attuato in gran parte d’Europa, dove a più siti di smaltimento ne viene preferito uno solo per tutta la nazione, proprio al fine di limitarne i rischi. In quel caso la sede scelta per piazzare il deposito nazionale fu Scanzano Jonico (Matera), in Basilicata, ma Berlusconi fu costretto al dietrofront dopo la massiccia sollevazione popolare che arrivò a bloccare strade e ferrovie culminando in una manifestazione di protesta che vide la partecipazione di 100mila persone. Secondo L’Unione Sarda, l’eventuale Deposito Unico dovrebbe sorgere su un sito da 150 ettari, di cui 40 verrebbero destinati al parco tecnologico per l’attività di ricerca sulle nuove metodologie di gestione dei rifiuti radioattivi. Il deposito verrà a costare 1,5 miliardi di euro e ospiterà 75mila metri cubi di rifiuti a bassa e media radioattività, che dovrebbe arrivare a valori minimi e trascurabili nel giro di 300 anni. Tre secoli, un periodo troppo lungo per pensare di far sbollire la protesta.

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