A distanza di alcuni giorni resta ancora alta l’attenzione attorno all’uccisione dell’orsa KJ2, abbattuta dagli agenti del Corpo Forestale della Provincia di Trento dopo l’aggressione ai danni di un uomo. Una decisione presa con un’ordinanza del presidente della Provincia, Ugo Rossi, che ha avanzato come unica soluzione la soppressione dell’animale dopo essere stato considerato troppo pericoloso per gli uomini. Inevitabilmente la decisione ha scaturito una pioggia di critiche e reazioni da parte degli animalisti che ancor prima avevano diffidato la Provincia a procedere. “Non può essere l’orsa a pagare con la vita errori umani”, avevano tuonato. L’Enpa si era espressa duramente sulla soppressione dell’esemplare definendo l’azione “un vero e proprio delitto, un crimine contro gli animali, la natura, la biodiversità”, lanciando al tempo stesso una campagna di boicottaggio nei confronti dell’intera Regione Trentino. Non solo critiche però: c’è infatti anche chi ha ritenuto giusta la decisione del presidente Rossi che ha messo al primo posto la sicurezza.
I PARERI FAVOREVOLI
Questa mattina, il presidente della provincia di Trento, Ugo Rossi, è stato intervistato da Radio RTL 102.5 dopo il caso dell’orsa KJ2 abbattuta. Rossi ha ribadito la grande attenzione per l’ambiente da parte della Regione e ha smentito le influenze di natura politica nella sua decisione. A sua detta, la sola azione per conservare la specie e valorizzarla è quella di prendere contromisure in caso di esemplare problematico. Rossi ha così preferito la pioggia di critiche e gli insulti sui social piuttosto che un uomo morto a causa di una aggressione. A protendere dalla sua parte è stato anche Reinhold Messner, alpinista e uomo di montagna, il quale si è dichiarato favorevole alla firma dell’ordinanza con la quale si è proceduto all’abbattimento dell’orsa. Lo riferisce L’Adige.it riportando le parole di Messner di fronte alla valanga di interventi da parte degli animalisti e non solo: “Questa storia degli orsi inizia ad essere noiosa. Finalmente hanno preso una decisione chiara e mi congratulo con il presidente”, ha dichiarato. “Quello che mi fa pena è il fatto che i fondamentalisti non siano disposti ad accettare che bisogna trovare una soluzione. Un orso pericoloso è un orso pericoloso e siccome l’habitat è piccolo, non c’è posto per tutti questi orsi, quelli pericolosi bisogna abbatterli”, ha aggiunto. E sull’ipotesi avanzata di catturare gli orsi “problematici” e metterli in un recinto, l’alpinista ha definito questa soluzione impraticabile perché “non è la loro vita”.
LE POSIZIONI CONTRARIE
A schierarsi sul fronte opposto, quello cioè che vede schierati in prima fila animalisti ed associazioni in tutela degli animali è un altro alpinista, Mauro Corona, che dalle colonne de La Stampa ha fatto sapere la sua opinione sulla vicenda: “Gli animali selvatici non stanno alle nostre regole, questa è la loro colpa […] Siete voi che ordinate e sparate a non stare alle regole dei selvatici perché non le conoscete. È un problema di ignoranza”, ha tuonato. L’arma usata dagli animalisti è stata quella del boicottaggio con un hashtag che ha fatto il giro dei social: #NOVisitTrentino. La notizia su quanto accaduto in Trentino ha oltrepassato i confini nazionale arrivando anche ai turisti francesi e russi i quali hanno iniziato a presentare le disdette agli alberghi ed alle case vacanza della Regione coinvolta. “Non metterò mai più piede in Trentino”, è la voce più diffusa su Twitter sotto l’hashtag lanciato da Aidaa la scorsa domenica. A dire la sua sulla scelta di Rossi è Filippo Zibordi, zoologo e autore del libro “Gli orsi delle alpi, chi sono e come vivono”. “La montagna non è quell’idillio che spesso si è portati a pensare, ma non è nemmeno un ambiente da spremere. Questo sviluppo sostenibile e la reintroduzione dell’orso, oltre che rappresentare un arricchimento dell’ecosistema, è un mezzo per ricordarci i nostri limiti e che le aree montane non sono il nostro giardino di casa”, ha detto l’autore. Tuttavia evidenzia come la Provincia non si sia inventata nulla: “La rimozione di qualche esemplare ritenuto dannoso e pericoloso era già prevista nel protocollo del 1997 e ratificata negli accordi successivi”, spiega. Il vero problema, a sua detta, sarebbe il metodo adottato sebbene non si sia sbilanciato sulla decisione presa: “Non voglio dare giudizi, ma ovviamente l’abbattimento ha diversi pro e contro”. Un atteggiamento che si colloca dunque a metà strada tra favorevoli e contrari: “L’uccisione è un atto violento che fa tristezza e fa riflettere. La detenzione condanna invece un animale libero a vivere all’interno di un recinto e senza la possibilità di riprodursi e può essere considerata una tortura”.