Professore, sulla linea del ministro Minniti non si è ancora sentita la voce di Comunione e liberazione. Tra l’azione dello Stato e l’opposizione delle ong che non vogliono firmare il nuovo codice italiano, lei chi sceglie?
Punto numero uno: quando uno rischia di morire va salvato e l’immigrazione è uno snodo fondamentale per lo sviluppo dell’Italia, ma non bisogna certo aiutare gli scafisti.
Quindi, giusto firmare le regole di Minniti?
È giusto. Sì all’accoglienza, sì alle regole. Ciò detto quello degli scafisti è un problema dell’Europa intera e degli Stati Uniti. Sono stati fatti così tanti interventi militari sconsiderati nel mondo, pensiamo all’Iraq. Perché non organizzare un’azione di polizia internazionale?
Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e a lungo guida della Compagnia delle Opere, non si sottrae al bivio, ma puntella il suo pensiero cercando di scansare le “banalizzazioni”. Immigrazione e lavoro sono per lui binari paralleli. E alla vigilia della trentottesima edizione del Meeting di Cl (da domenica a Rimini), racconta come l’universo ciellino abbia cambiato pelle in questi anni. Berlusconi è un passato remoto, Renzi un leader con cui è mancata una grande empatia, mentre Gentiloni può rappresentare il giusto stacco rispetto “all’idea dell’uomo solo al comando”.
Quindi, giusto accogliere i migranti, ma, citando Galli della Loggia, non si può essere neutrali tra la legge e l’illegalità.
Va bene il rispetto della legge, ma bisogna porsi una prospettiva di lungo periodo. È quello che chiederò a Rimini ad Antonio Tajani ed Enrico Letta.
La Chiesa ha appoggiato Minniti. È una virata sull’immigrazione?
È il buon senso a muovere la Chiesa. Nessuno vuole aiutare gli scafisti, né gli immigrati che rifiutano di rispettare le leggi. Affermare che l’accoglienza va sempre bene o va sempre male è solo un frutto delle ideologie, mentre bisognerebbe adottare l’esperienza come metodo: se è regolata l’accoglienza può essere una grande opportunità. La mostra del Meeting dedicata ai nuovi italiani noi l’avevamo intitolata “la seconda generazione”. E loro si sono arrabbiati. Ci hanno detto: “Siamo semplicemente italiani”.
Bisogna spingere per lo Ius soli?
La priorità è il lavoro. La badante moldava che ha accompagnato i miei genitori ha pensato più al lavoro e al mutuo che alla cittadinanza.
Il Jobs Act non ha risolto il problema?
Il problema è aiutare chi crea lavoro. E non è quello che ha portato il Jobs Act. Al Meeting parleremo del tema nella mostra “Ognuno al suo lavoro”.
Lei al referendum costituzionale come ha votato?
Ho votato Sì, non perché fossi entusiasta della riforma, ma perché pensavo che avrebbe garantito stabilità. Dopo c’è stato tutto uno scatenarsi di forze distruttive che ci ha portato fin qui. E fortuna che c’era Mattarella e abbiamo evitato le elezioni anticipate.
Si va verso larghe intese?
Sì senza una nuova legge elettorale. Ma io vorrei larghe intese alla tedesca, basate sui contenuti.
Gentiloni è un vostro interlocutore?
Gentiloni smentisce l’idea dell’uomo solo al comando che risolve tutti i problemi. Segna lo stacco con i Renzi, i Grillo, i Berlusconi, i Monti. Perché viene da una strada di esperienza. La politica è pratica che parte del basso.
Siete diventati anti-renziani?
Insisto, né renziani, né anti-renziani. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ad esempio, è diventato un grande amico del Meeting.
Il titolo del Meeting è una frase di Goethe: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. Che cosa significa?
Siamo in un’epoca in cui abbiamo perso tutto e dobbiamo ricominciare daccapo. Mi viene in mente Rocky 3 che deve lottare per riconquistare ciò che ha perso. Ma per farlo bisogna avere un desiderio non ridotto, dei valori, una fede.
I migranti, il lavoro. Non starà rubando il mestiere alla sinistra.
Non voglio chiudermi in definizioni anche se certo non mi sento di destra. Io sarei vicino a chi mettesse al centro il lavoro, così come dice il primo articolo della Costituzione.
In passato si è detto estimatore di Pisapia. Apprezza il progetto?
Io sono contento quando vedo qualcuno che lavora ai contenuti, anche se non voterò per lui.
E Sala si è rivelato lo Jannacci della politica che lei aveva auspicato?
È un buon sindaco perché non urla, governa processi. E qui torniamo al ragionamento su Gentiloni.
Insomma, giudizi positivi su Gentiloni, Sala, ma anche sul renziano Nardella. Apertura a eventuali larghe intese. Il Meeting negli anni è diventato più trasversale. C’è un eccesso di terzietà?
C’è un eccesso di terzietà quando non si prendono posizioni. Ma noi le posizioni le prendiamo partendo dal desiderio di vivere un’esperienza di bellezza e gratuità. Io ad esempio per questo sono stato contro l’operato di George Bush, di Hillary Clinton e di Trump. Per questo abbiamo invitato al Meeting chi lavora per la pace in Medio Oriente.
(Intervista di Marco Ascione pubblicata su Il Corriere della Sera)