Fa effetto sentire parlare Furio Colombo della Strage alla Stazione di Bologna: uno dei giornalisti di sinistra più famosi e meno “identificabile” con la tradizione neo-fascista e “nera” durante gli anni della Strategia della Tensione. Semplicemente conosce le carte processuali per averci scritto fin da quel tremendo 2 agosto 1980 dove 85 morti e più di 300 feriti hanno macchiato la memoria storica di questo Paese, e per aver fin da subito compreso – come tanti altri intellettuali e giornalisti di vari schieramenti già dall’ora, come Giampiero Mughini o Mario Calabresi – che le piste indagate fin dai primi momenti dalla Procura di Bologna avevano più di qualche “buco”. «La pista palestinese per la strage alla stazione di Bologna è assolutamente plausibili e la revisione del processo consigliabile e civile», sono le parole di Colombo intervistato dal quotidiano romano Il Tempo. Non è la prima volta che Furio Colombo si esprime “contro la spiegazione ufficiale” della strage, ovvero la colpevolezza di Mambro e Fioravanti, ex terroristi del Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari) di stampo neo fascista: viene chiesto a Colombo cosa ne pensa delle parole clamorose del figlio di Massimo Sparti (il principale accusatore degli ex terroristi “neri”), quando in punto di morte il padre confessò di avere mentito su tutto: «quando una cosa la si dice in punto di morte, raramente si tratta di una trovata per un’ultima battuta, è un’impronta di particolare credibilità», ammette Colombo che dunque non fa che aggiungere acqua al suo mulino per la strage di ispirazione palestinese. Sì, la pista chiacchierata da tutti già dopo la strage 37 anni fa, ma mai davvero percorso dalla Procura e dallo Stato: la spiegazione a grandi termini è chiara, una bomba piazzata dal Fronte di Liberazione della Palestina intenta a vendicare quel “lodo Moro” disatteso dall’Italia con l’arresto e condanna di un palestinese terrorista sul nostro territorio. Il Lodo Moro di fatto era un accordo segreto tra fedayn e l’Italia per far transitare le loro armi in Italia in cambio del non subire attentati dal Fronte palestinese. «Si tratta di una ipotesi assolutamente plausibile, persino logica e da prendere in esame con molta cura», spiega il giornalista di sinistra, «tenendo presente però che tra plausibile e verosimile c’è una distanza e tra verosimile e vero una ancora più grande», tende a sottolineare Colombo al Tempo.
STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA: 2 AGOSTO 1980, IL PROCESSO VA RIAPERTO?
IL GIORNALISTA DI SINISTRA “DIFENDE” I NAR
“La connessione di Mambro e Fioravanti a quella mostruosa vicenda non è attualmente riscontrabile”, spiega Furio Colombo ai colleghi del giornale romano: gli ex Nar dunque, ritenuti i responsabili della strage di Bologna, non sarebbero i veri protagonisti come del resto affermano anche molti dei famigliari delle vittime e illustri pensatori e studiosi. Eppure lo stato e la Procura di Bologna hanno approfondito solo quella pista, lasciando di fatto perdere, anche in questi ultimi anni di scoperte e novità, tutte le altre. «Ho trovato un’appassionante narrazione di persone che si sono accusate persino di fatti per cui non erano imputati, ma rigettando con motivazioni logiche e difficile da abbattere quella colpa». Furio Colombo parla di “costruzione di verità” quando prova a spiegare chi invece ha indagato su quella strage, non mandandola certa a dire a nessuno tra giudici, magistrati e politici: «impronte di mani che hanno lavorato per costruire il caso, testimonianze e dichiarazioni saltate fuori all’ultimo istante. Ecco perché sono sempre stato persuaso che la verità sia stata fabbricare, ma sia penso sia stata fabbricata a destra per sacrificare Mambro e Fioravanti che sono le vittime e proteggere “altro”». Secondo Colombo il tentativo di “insistere” con quella pista del terrorismo “nero” serviva a rassicurare, consolare e dare una verità alle famiglie delle vittime: «rimuover quella condanna avrebbe riaperto l’abisso del non sapere e della giustizia incompiuta», spiega Furio Colombo a fine intervista, quando afferma che a questo punto bisogna per forza riaprire quel processo lasciato per troppo tempo compiuto su una verità inesatta. «Se c’è un solo fatto nuovo, sarebbe importante e civile accogliere immediatamente l’idea della revisione del processo che porti a liberare Mambro e Fioravanti dall’unica accusa ingiusta che pesa sulle loro vite», conclude l’ex direttore dell’Unità.