Le teorie del complotto tornano protagoniste dopo l’ennesimo attentato terroristico. E così Diego Fusaro, che però ha attirato tantissime critiche per la sua riflessione sull’attacco di Barcellona. Il filosofo comunista ha lanciato infatti un interrogativo: si è chiesto perché «questi orrendi attentati si abbattono sempre nei luoghi pubblici facendo strage di povera gente, di presone comuni, lavoratori e disoccupati, ragazzi e studenti». Poi esplicita la sua teoria del complotto: l’ira dei terroristi non si è abbattuta nei luoghi del potere e della finanza, nonostante abbiano dichiarato guerra all’Occidente. Dovrebbero quindi colpire chi governa l’Occidente, non chi lo popola. La posizione di Diego Fusaro diventa poi più chiara: «Se non ci dicessero un giorno sì e l’altro pure che il terrorismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente si avrebbe quasi l’impressione che si tratti di una guerra di classe». Visto che i “pezzi grossi” dell’Occidente non vengono colpiti dall’Isis, il filosofo ha il sospetto che ci possa essere ben altro dietro. Forse ignora il fatto che sia più facile colpire decine di persone “qualunque” che un singolo governante.
L’ULTIMA TEORIA DEL COMPLOTTO SUGLI ATTENTATI
DIEGO FUSARO VS LIBERO: IL BOTTA E RISPOSTA
Nella bufera scoppiata si è inserito pure il quotidiano Libero, che ha preso di mira Diego Fusaro: «Magari qualcuno gli ricordi che le Torri Gemelle rase al suolo da Al-Qaeda non erano propriamente dei “casermoni” di case popolari…». Poi la replica del filosofo, che ha definito il giornale «stella polare del pensiero unico» e ha provato a spiegare le ragioni dell’attacco subito. Sostiene infatti che Libero debba «difendere, sempre e comunque, l’ordine simbolico egemonico, di modo che le masse lobotomizzate continuino a credere che la contraddizione portante sia l’Islam e non il nichilismo capitalistico». Eccolo, il “vecchio” problema: il capitalismo. Recentemente Diego Fusaro è tornato ad attaccarlo, perchP ci vorrebbe tutti eternamente giovani, perennemente immaturi e precari: «Disposti ad accettare di buon grado le forme coattive della precarietà e del mondo della vita deeticizzato». Per il filosofo i giovani infatti «costituiscono indubbiamente il nucleo di un progetto – silenzioso quanto violento – di mutazione antropologica orientato a trasformarli nel nuovo soggetto assoggettato al paradigma della società capitalistica planetaria».