Il recente attacco terroristico in Finlandia ha avuto come vittime quattro donne pugnalate da un islamista e la questione dell’odio verso le donne occidentali da parte dei musulmani integralisti è una realtà da combattere e in maniera decisa. I 27 partner europei, in occasione del 60esimo dei Trattati di Roma celebrato il 25 marzo scorso, hanno discusso di come la Comunità europea possa andare avanti a più velocità. Ma già l’Europa viaggia a due velocità in merito all’eguaglianza o meglio alle diseguaglianze di genere; come ha confermato la “Relazione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea nel 2014-2015”, preparata dalla Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo, approvata lo scorso febbraio e portata alla discussione in aula in marzo.
Il punto di partenza sarebbe, enuncia la relazione, “che la parità tra donne e uomini è un diritto fondamentale sancito dal trattato sull’Unione europea e dalla Carta dei diritti fondamentali; che al riguardo l’Unione europea si prefigge di garantire pari opportunità e parità di trattamento tra uomini e donne e di combattere qualsiasi discriminazione fondata sul sesso”. Nella breve sintesi finale del documento si afferma che, come mostrano le ultime statistiche, l’Unione europea è solo a metà strada verso l’effettiva parità di genere. Secondo l’indice sull’uguaglianza di genere per il 2015 elaborato dall’Eige (l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, ndr), il punteggio complessivo dell’Ue in materia di parità di genere è di 52,9/100, con un aumento di 1,6 punti dal 2005, ovvero si sono registrati progressi quasi nulli in materia. Il divario retributivo tra uomini e donne resta pari al 16,5% e, secondo Eurostat, in alcuni Stati membri tale divario è addirittura aumentato negli ultimi cinque anni.
Il divario pensionistico tra uomini e donne è pari al 40%, un livello allarmante. Ancor più preoccupante è il fatto che in metà dei paesi dell’Ue il divario pensionistico sia aumentato e che una percentuale compresa tra l’11% e il 36% delle donne non abbia accesso alla pensione. La percentuale di giovani donne né occupate, né iscritte a corsi di istruzione, né in cerca di lavoro è oltre il doppio rispetto ai giovani uomini (11% e 5% rispettivamente). Secondo l’Eige, il maggiore divario tra uomini e donne in Europa è dovuto alla scarsa rappresentanza femminile nelle posizioni decisionali e di potere in campo economico, il che evidenzia la scarsa integrazione della prospettiva di genere nelle politiche economiche dell’Ue.
L’Ue si è posta l’obiettivo del raggiungimento della parità di genere, ma dal 2005 “il risultato complessivo è salito da 51,3 a 52,9 su 100”, siamo lontani dal “centrare gli obiettivi di Europa 2020”, afferma la relazione che non può altro che registrare come “mancano solo tre anni al 2020 e se l’Ue continua a compiere progressi a questo ritmo gli obiettivi della strategia Europa 2020 non verranno conseguiti”. La Commissione ha stimato che, al ritmo attuale, saranno necessari altri 70 anni prima di conseguire la parità di retribuzione, 40 anni prima di ottenere un’equa condivisione dei compiti domestici, 30 anni prima di raggiungere un tasso di occupazione femminile del 70% e 20 anni prima di realizzare l’equilibrio di genere in politica.
Non è possibile aspettare decenni prima di conseguire una reale parità di genere in Europa. E soprattutto non è tollerabile che i governi europei non assumano provvedimenti anche economici per sostenere il lavoro femminile (sostegno e detrazioni fiscali alle aziende che assumono donne, incentivi alla flessibilità dell’organizzazione del lavoro) e incentivi per la cultura del rispetto delle donne nelle scuole e nei percorsi di formazione professionale.