Italia come Qatar e Yemen nella repressione del reato di blasfemia: lo stabilisce uno studio americano, talmente formale e lontano dalla realtà dei fatti che potremmo considerare in sè una vera e propria “bestemmia”. Il rapporto è stato pubblicato dalla Us Commission on International Religious Freedom, l’agenzia governativa statunitense per la libertà religiosa nel mondo. Ha misurato le violazioni e stabilito una classifica da cui l’Italia esce molto male. Gli abusi peggiori sono commessi dall’Iran, che raccoglie il punteggio più alto. Pakistan e Yemen chiudono il podio. Nella top ten anche Somalia e Qatar, poi – a sorpresa – l’Italia, appaiata all’Egitto. Cosa ci faccia l’Italia nella top ten di paesi in cui lo stato o i privati cittadini ammazzano, depredano e confiscano beni per reati di blasfemia non è davvero possibile comprenderlo. La lista prosegue includendo Algeria, Comore, Malta, Libia, Arabia Saudita, Bahrein nella classifica, passando in rassegna quasi tutto il mondo islamico. Peccato che si collochino in una zona di paesi “meno intolleranti” dell’Italia. Poi si chiude con Filippine, Spagna e Irlanda, dove evidentemente le bestemmie sono state declassate a nenie per poppanti. La presenza dell’Italia nella zona alta della classifica ha scatenato non poche polemiche: l’Italia rientra davvero nel gruppo di Paesi più pericolosi per libertà d’espressione? L’Italia, dunque, tratterebbe i diffamatori della religione peggio di Paesi ostili alla libertà religiosa. Solo un approccio – definiamolo benignamente – superficiale al diritto italiano poteva portare a questo risultato. 



L’ANALISI USA SULLE LEGGI CONTRO LA BLASFEMIA

La stessa coautrice dello studio, Joelle Fiss, si aspettava le polemiche. L’esperta di diritti umani e libertà religiosa ha ammesso che la metodologia usata per la ricerca è stata contestata: «In primo luogo abbiamo descritto il dettato della legge in ogni Paese in cui la blasfemia sia considerata reato e misurato la distanza fra la legge e il diritto internazionale», ha dichiarato al Giornale. Il caso italiano, però, è considerato un’anomalia, perché nel codice penale italiano ci sono articoli sulla blasfemia, ma nel 2000 sono stati disapplicati dalla Corte costituzionale. La classifica dei 71 Paesi va presa dunque con le pinze, del resto c’è il Bangladesh che non ha leggi contro la blasfemia, eppure ha solo 32 punti in classifica, nonostante «nel 2015 quattro bengalesi siano stati assassinati per i loro scritti sulla laicità dello Stato e la libertà di pensiero». Merita menzione anche il caso dell’Arabia Saudita, «che ha meno punti dell’Italia solo per la vaghezza della legge: qua i giudici sono liberi di infliggere pene terribili». Il rapporto parla chiaro: la maggior parte degli abusi avviene nel mondo arabo e islamico, ma resta l’anomalia italiana. Per questo Fiss auspica che l’Italia abroghi la legge disapplicata. Gli italiani invece si augurano vivamente studi meno superficiali e più aderenti alla realtà. Clicca qui per visualizzare il rapporto integrale.




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