Le dimissioni di un Papa dal suo incarico a capo della Chiesa non sono un argomento “esclusivo” di Benedetto XVI e della sua storica decisione di dimettersi ancora in piene facoltà mentali: il precedente clamoroso poteva già essere svelato nel Novecento durate l’importante papato di Paolo VI. Il cardinal Montini, come ha rivelato i questi giorni una lunga intervista del Cardinal Giovanni Battista Re al quindicinale “Araberara”, aveva già scritto due lettere di dimissioni per preservarsi in caso di sopraggiunte gravi condizione di salute che non gli avrebbero permesso di svolgere al meglio il ruolo del Capo della Chiesa. «Paolo VI aveva nel cassetto pronte due lettere di dimissioni. Al tempo il Codice di Diritto Canonico non permetteva al Papa di dimettersi senza l’accettazione del Collegio cardinalizio ed ecco la seconda lettera che invita il Segretario di Stato a convincere i cardinali ad accettare le sue dimissioni. Me le mostrò Papa Giovanni Paolo II…», spiega l’arcivescovo e cardinale della Santa Romana Chiesa. In un altro passaggio Re spiega ancora meglio il motivo di una decisione così clamorosa rimasta in segreto per anni, fino alle prime voci promosse dall’allora segretario del Pontefice Montini, Pasquale Macchi: «Paolo VI era preoccupato per un’eventuale futura disabilità, un grave impedimento che non gli permetterebbe di svolgere il suo ministero».
“PAOLO VI AVEVA PRONTE DUE LETTERE DI DIMISSIONI”
Le due lettere di dimissioni che Papa Paolo VI aveva pronte non sono state mai rese note e quindi il precedente alla scelta di Benedetto XVI non si è mai presentato a livello pubblico. Ma il tema delle dimissioni è assai molto più ampio e coinvolgerà, volenti o nolenti, anche i prossimi papati, Francesco ovviamente incluso. Secondo un importante scrittore e vaticanista americano, editorialista di “Crux”, John L. Allen Jr. la Chiesa è come se in questi anni stesse “viaggiando come un’auto senza assicurazione e tagliandino”. La ardita metafora messa in campo dall’articolo della Crux è in effetti efficace per capire i termini della discussione: «nessuno avrebbe voluto avviare un nuovo Papato sotto una nube di dubbio sulla sua legittimità, il che significa che le dimissioni preventive potrebbero non risultare in realtà una strategia di uscita dalla paralisi, senza l’intervento certo della legge canonica». Secondo il vaticanista Usa proprio per questo motivo anche negli anni passati si è studiato un modo per rendere “vacante” un papato qualora il Papa sia in quel momento incapace di farlo per se stesso. Solo che anche la soluzione di un particolare “Collegio dei Cardinali” preposti non ha mai convinto visto che l’idea di dichiarare un papato finita mentre è ancora vivo, e senza il suo consenso personale, dovrà affrontare enormi problemi canonici, teologici e politici.
«Fortunatamente, non abbiamo dovuto affrontare un papa incapace, ma nel corso del tempo le probabilità che la situazione possa sorgere sono buone. Eppure sforzandosi di affrontare questo problema è sempre difficile, perché se parliamo troppo o troppo pubblicamente di tali cose, qualcuno lo intende come irrispettoso per il papa attuale, anche come uno sforzo politico per indebolirlo», scrive Allen accusando in questi termini lo stesso establishment della curia vaticana. La soluzione, secondo il vaticanista, sarebbe quella di creare una commissione mista di avvocati canonici, cardinali ed esperti nominati dal Papa stesso per poter trovare una via di uscita dal complesso caso delle dimissioni papali. «In assenza di un simile passo sembra che nella Chiesa guidiamo in giro senza copertura assicurativa per le collisioni…». Il paragone è ardito, appunto, ma il precedente di Paolo VI (la seconda lettera serviva per chiedere ai cardinali di accettare la richiesta della prima lettera), le dimissioni di Benedetto XVI e le possibili future scelte di Bergoglio (non ha mai rifiutato con nettezza le eventuali dimissioni in futuro) sembra non dare del tutto torto all’editorialista Usa.