Ha destato scalpore in tutto il mondo occidentale la notizia di una bambina cristiana di Londra affidata a due famiglie musulmane. In una di queste case, secondo la ricostruzione de The Times, che ha lanciato lo scoop, alla piccola di soli 5 anni, sarebbe stata strappata la catenina con la croce cristiana che portava al collo. Un atto che, se confermato, secondo la psicologa ed esperta in traumi infantili, Patrizia Baroncini, sarebbe di una gravità estrema, come ha raccontato a Il Giornale:”Ovviamente (la bambina, ndr) rimane traumatizzata. Se la difficoltà non viene affrontata subito dai servizi sociali, il disagio può esprimersi in adolescenza con atteggiamenti di chiusura, ansia, irrequietezza o all’opposto, aggressività. E senza un percorso psicoterapeutico la bimba può diventare un’adulta ansiosa, preoccupata, insicura o aggressiva, perché il problema centrale sarà la sensazione di non valere o essere inadeguata o sbagliata”. La Baroncini, però, considerando l’attenzione che i servizi sociali prestano nell’affidare i bambini alle famiglie più adeguate per i loro bisogni, non è certa che la notizia sia proprio quella che è stata riportata dai media:”Io dubito che la realtà di questa bambina sia come la rappresenta la stampa. Sembra più un atto discriminatorio nei confronti della famiglia affidataria“.



“ATTO GRAVISSIMO”

Nell’analizzare il caso della bambina cristiana affidata a genitori musulmani, l’esperta di psicologia e traumi infantili Patrizia Baroncini, con Il Giornale chiarisce che se la ricostruzione de The Times fosse veritiera saremmo di fronte ad un “atto gravissimo” per lo sviluppo della piccola di 5 anni. Questo perché, ricorda l’esperta:”Le viene sottratto un riferimento affettivo importante che lei porta con sé e che rappresenta una parte della sua identità. È come se le avessero strappato dalle mani l’orsetto o un altro oggetto del cuore inseparabile. Non dimentichiamo che dagli 0 ai 9 anni si forma l’identità di un bambino e la sua autostima. E i riferimenti affettivi svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione di sé, che siano oggetti, luoghi o persone”. Al contrario la presenza di un velo nell’abbigliamento della madre non costituirebbe di per sé un problema e lo stesso vale per la lingua araba:”Si tratta di dettagli secondari per una bambina. Quello che conta è quante volte quella donna con il velo la abbraccia e le trasmette protezione e sicurezza. Se la valorizza in ciò che fa e in ciò che è. Che in casa le insegnino l’arabo, oltre che l’inglese, non è importante anzi è un arricchimento personale nella sua storia. Ciò che è fondamentale è il contatto fisico, emotivo e psicologico“. L’esperta, però, ci tiene a sottolineare che non è un errore apriori affidare una bimba cristiana ad una coppia di genitori musulmani:”Non ci sono preclusioni. Negli Usa ci sono coppie gay e single che sono splendidi genitori affidatari. Non è il tipo di famiglia che va giudicato ma l’atteggiamento della famiglia nei confronti del minore“-

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