Se Sergio Mattarella non fosse presidente della Repubblica, le sue parole sarebbero state ben più pesanti. Non usa il piccone come Cossiga, ma chi legge tra le righe può trovare una sorta di rimprovero da parte sua verso chi è responsabile della ricostruzione dei paesi colpiti dal terremoto. Siamo ormai a quasi un anno da quel giorno di agosto che ha devastato le regioni del Centro Italia. “Sono stati fatti diversi passi avanti ma ci sono altri tanti passi da fare velocemente per rendere definitiva la ricostruzione. I passi avanti che riscontro sono sicuramente incoraggianti ma non cancellano nulla di quello che ancora occorre e che manca”. 



Chi deve capire può rileggere le parole di Mattarella, dette poco prima di rientrare in elicottero da Amatrice al Quirinale. Mattarella è tornato ancora una volta nel Lazio e nelle Marche. Una nuova visita nelle zone terremotate che ancora una volta, però, lporta lontano dall’Abruzzo, regione che sembra meno sotto la luce dei riflettori ma che ha tanti problemi da risolvere.



Ad Amatrice il presidente è costretto a dire qualcosa sulla rimozione delle macerie. Al confronto con il terremoto dell’Aquila del 2009 sembra un’attività che procede al rallentatore. “A breve le macerie delle aree terremotate verranno rimosse”, garantisce Mattarella. “Meglio tardi che mai”, mormora a microfoni spenti qualche amministratore. “Sono state rimosse le macerie pubbliche, perché è più facile e non è necessario il consenso dei privati — ha detto —. Ora, qui nel Lazio, si è fatto un grande affidamento con importanti fondi per togliere tutte le macerie e quindi in una prospettiva a breve questo si farà”. Poi il capo dello Stato va subito al dunque: “Ma poi occorre la ricostruzione che è il vero passo importante”. Chissà se Errani, commissario per la ricostruzione, e Curcio, capo della Protezione civile hanno capito che si trattava di una benevola ma concreta tirata di orecchie.



Nelle Marche arrivano i numeri della macerie raccolte in un anno dal sisma. Sono state rimosse oltre 110mila tonnellate di macerie, e sono state liberate le strade di 44 dei 52 comuni del cratere che hanno dichiarato la presenza di macerie sul proprio territorio. Si va inoltre normalizzando la situazione relativa all’emissione di ordinanze da parte dei sindaci per attuare le demolizioni di sicurezza e consentire così l’agibilità di tutte le vie di comunicazione. La Regione Marche fornisce i numeri e mette in evidenza che per otto Comuni la situazione è ancora, a dir poco, complessa. Questa la situazione: a Camerino restano 250 tonnellate di macerie lungo vicoli secondari; a Castelsantangelo sul Nera, Fiastra, Ussita, Visso, Acquasanta Terme, Montegallo e Amandola è stata liberata la viabilità principale e vanno ancora liberati alcuni tratti di viabilità secondaria. E, come ha detto Mattarella, questi sono i dati relativi alle macerie pubbliche.

Difficoltà che sono all’ordine del giorno, problemi con cui la gente ha imparato a convivere; poche le proteste, le manifestazioni di disappunto. Ma una lettera gli abitanti di Pescara del Tronto, frazione di Arquata in provincia di Ascoli Piceno l’hanno consegnata, a Mattarella. “La vita della comunità di Pescara è stata segnata per sempre un anno fa — si legge —. Da pochi giorni siamo tornati a rivivere i nostri luoghi nell’area Sae che oggi è ‘sistemata a dovere’ per la sua visita”. Come a dire che al presidente della Repubblica si è voluto far vedere un lato che non corrisponde alla realtà, fiocchetti e lustrini per dimostrare di aver fatto di più di quella che è la realtà. Ma “la realtà quotidiana è lontana da ciò che appare oggi”, ha scritto l’Associazione Pescara del Tronto 24/8/16 Onlus al presidente. “Le casette provvisorie — afferma l’associazione di cittadini — arrivano dopo un anno di attesa, con un meccanismo di assegnazione confuso e discutibile, che non ha pienamente soddisfatto le esigenze di tutti. Nonostante risultino essere molto piccole rispetto agli spazi a cui eravamo abituati, possono essere accettabili ma solo per tempi brevi. Non vogliamo quindi arrenderci all’idea di essere ‘stati sistemati’ a vita e chiediamo certezze sull’effettiva durata dell’attuale situazione”. Mattarella ha promesso di tornare, questa non è stata la prima e non sarà l’ultima volta. Forse dovrebbe essere più esigente verso chi rappresenta lo Stato con i terremotati, ed è chiamato a dare risposte concrete, di quelle che si possono toccare con mano.

Ma tolti i problemi relativi ai danni e alla ricostruzione ci sono ben altre cose importanti da affrontare. E a ricordarle è stato il vescovo di Rieti, monsignor  Domenico Pompili. Prima tra tutte la riapertura delle scuole, che è più vicina di quanto possa sembrare.

“Lavoro e scuola prima di tutto. Sono le condizioni perché la gente possa tornare. La mia sensazione è che accanto a una fetta significativa di persone che ostinatamente resistono, ce ne sia un’altra che, di fronte alla mancanza di lavoro e all’impossibilità di una vita diciamo normale per i propri figli, opta per altre soluzioni che non sono quelle del ritorno. Bisogna vigilare perché questa terra non si spopoli”. E il vescovo puntualizza sulla questione macerie. “Questa delle macerie — ha affermato monsignor Pompili — è una questione che costituisce la premessa per la ricostruzione. Fin quando ci si trova in mezzo alle macerie è difficile poter sognare qualcosa di diverso. Credo che questa vicenda delle macerie vada affrontata da parte delle istituzioni anche con una accelerazione dei cortocircuiti delle responsabilità e dei procedimenti burocratici”.