Cosa prova una donna quando viene violentata? Una ragazza l’ha raccontato in una lettera indirizzata a Laura Boldrini, presidente della Camera. L’atteggiamento della terza carica dello Stato ha ferito la giovane, che a Roma nel maggio del 2016 venne stuprata in una baracca da due rom. Una lettera aperta, pubblicata oggi da Il Tempo, per raccontare il dramma personale e provare a spiegare l’orrore di Rimini. Una lettera straziante che parte da un punto fermo: «A tutto c’è un limite». Per la ragazza è infatti inaccettabile che la Boldrini abbia «condannato lo stupro di Rimini a tre giorni dai fatti e solo dopo le polemiche sollevate dai suoi avversari». Non ha ovviamente gradito neppure il commento di Abid Jee, il mediatore culturale che ha avuto il coraggio di dire che la violenza sessuale, in fondo, piace alle donne. Così ha raccontato quell’agguato avvenuto alle 21 di sera, quando un rom l’ha trascinata in un tugurio dove ha abusato di lei tutta la notte insieme ad un altro uomo: «Due belve feroci. Mi hanno fatto sdraiare su un materasso putrido, strappato, mi hanno bloccato le gambe e a quel punto ho chiuso gli occhi e pregato mentre mi sentivo strappare la pelle, violare nell’intimità, in balia del mostro, privata della mia libertà, carne da macello».
L’ASSURDA REAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI SINISTRA
Per la giovane ragazza che è stata violentata a Roma nel maggio 2016 non c’è spazio per il perdono. «Queste persone, caro direttore, non credo possano vivere in mezzo a noi. Fatico a considerarli umani. Perversi, infami, vigliacchi, questo sono». La povera vittima è riuscita a salvarsi solo perché ha avuto la lucidità, all’alba, di convincere il rom a uscire con lei per farla sgranchire. Così ha incontrato una guardia giurata, che l’ha salvata. Non è riuscita a raccontare nulla a suo padre per quattro giorni: «Non volevo farlo soffrire. Poi però non ce l’ho fatta e mi sono liberata di tutto». La stampa non si è interessata alla vicenda, così suo padre ha cominciato a realizzare dei volantini per spiegare cosa era successo a sua figlia. «Certe associazioni di sinistra hanno addirittura detto per telefono a mio padre che non doveva manifestare perché i due violentatori erano dei rom e così si sarebbe alimentato il razzismo». A quel giorno terribile ne sono così susseguiti altri nei quali lei e i suoi parenti sono stati chiamati “fascisti”. E ha dovuto fare anche i conti con le voci messe in giro da chi sosteneva che si fosse inventata tutto.
L’APPELLO ALLA BOLDRINI, L’ATTACCO ALLA POLITICA
Impossibile dimenticare quella terribile notte nella quale è stata violentata, ma lo stupro di Rimini l’ha rievocata insieme a tanta rabbia perché con quell’abuso le hanno anche «stuprato l’anima». E il dibattito che ne è nato non può non averla ferita: «Supplico tutti a finirla con questo politichese da schifo, col perbenismo, coi due pesi e le due misure. Perché quel che è capitato a me può capitare stasera a vostra figlia». E quindi rivolge una richiesta a Laura Boldrini, finita al centro delle polemiche per il ritardo con cui ha condannato l’orrore di Rimini. «Vorrei che la signora Boldrini, che tanto si batte per i diritti delle donne, non avesse remore a parlare di immigrati se immigrati sono gli stupratori, o di italiani se un italiano fa cose del genere. La violenza sessuale non ha colori, ideologie, religioni». E chiede anche l’espulsione immediata di quel mediatore culturale, oltre che una svolta a livello legislativo: «Le leggi italiane fanno pena e permettono l’impunità». Non cambiarle, non farle rispettare è grave: «Chi non ci difende è complice».