Ora intendiamoci, dietro alla decisione del comune di Sesto San Giovanni di non concedere il PalaSesto alla comunità locale islamica per la consueta Festa del Sacrificio, è una decisione prima di tutto politica: al netto di problemi esistenti e reali, la decisione della nuova amministrazione di centrodestra (dopo la storica vittoria alle ultime Amministrative in quella che una tempo era denominata la Stalingrado d’Italia) vuole segnare una discontinuità rispetto alla precedente amministrazione di centrosinistra. Non solo, le elezioni sono state vinte anche per un programma molto indirizzato al concetto “prima gli italiani” e “no alla moschea” e il nuovo sindaco Di Stefano ha voluto in questo modo dare semplice continuità alle proprie promesse elettorale. Bene tutto, ma non può non far discutere nel merito la decisione di sospendere una concessione che durava dallo scorso 2010 e che finora non aveva creato problemi di ordine pubblico né forti “proteste” da parte degli stessi cittadini di Sesto San Giovanni. «La comunità islamica ha chiesto di ottenere l’utilizzo del Palasesto, una struttura molto grande, non rispettando i tempi previsti dalla legge. E siccome in Italia, checché ne dica il Pd, la legge è uguale per tutti, è stato deciso di non applicare deroghe», difende la propria scelta il sindaco di Forza Italia che insiste sul non voler negare il diritto di culto a nessuno (come invece lo accusano politicamente gli avversari del Pd, ndr) ma solo «agire nell’alveo della legalità».



I DUBBI DEI CATTOLICI

Le domande sorgono, visto che da un lato ci si trova di fronte ad una comunità islamica che pare abbia molti problemi economici in pendenza con lo stesso Comune: «notevoli i debiti economici che la comunità islamica avrebbe nei confronti dell’amministrazione comunale per una cifra consistente di 320mila euro e l’opacità dei «bilanci relativi alla nuova mosche», spiega Il Corriere della Sera nel suo speciale dedicato quest’oggi. Dall’altro lato invece molti cittadini si chiedono perché interrompere una concessione che rappresentava ad oggi una modalità di dialogo tra le diverse comunità presenti nella grossa cittadina alle porte di Milano. «Chiediamo al ministro Minniti di intervenire con urgenza per impedire che a Sesto San Giovanni l’amministrazione comunale privi un’intera comunità di un diritto fondamentale come quello che garantisce la libertà di culto e il suo esercizio a tutti i cittadini e a tutte le confessioni religiose», ha spiegato Franco Mirabelli, senatore Pd.



Tra i vari dubbi espressi in queste ore sulla decisione di non concedere il palazzetto dello sport alla comunità islamica, a sorpresa sono i cattolici a scattare sul piede di guerra in difesa dei “fratelli” musulmani: «Le elezioni sono finite, non costruire il dialogo significa distruggere un percorso di integrazione iniziato due decenni fa. Si mette in discussione una realtà islamica che qui a Sesto, al contrario di Milano, è molto omogenea e ha saputo ottenere positivi riconoscimenti», spiega ad Avvenire Don Leone Nuzzolese, parroco della comunità di S.Giuseppe a Sesto San Giovanni. Non è l’unico a parlare nella Chiesa locale milanese sul “caso” del PalaSesto: interviene anche don Luigi Perduca, vicario nella chiesa prepositurale di Santo Stefano: nell’omelia di domenica scorsa, riporta Avvenire, ha detto senza mezzi termini, «Vietare a qualcuno di pregare – per don Luigi – è un passo falso verso gli ideali della democrazia. La preghiera è un diritto inalienabile per la persona. Vietarla è mortificare lo spirito del cristiano. Le diversità sono la ricchezza dello spirito dell’opera di Dio».

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