«Uccidere un figlio può mai essere un atto d’amore?», questo l’interrogativo che ha tormentato Sandra Schulz, che poi ha deciso di non interrompere la sua gravidanza. Rimasta incinta per la prima volta a 39 anni, al quarto mese scopre che sua figlia ha la sindrome di Down. Nel momento stesso in cui viene fatta la diagnosi le si aprono due strade: può abortire o portare avanti la sua gravidanza senza avere certezze che sarebbe riuscita a dare alla luce sua figlia. Ora Marja ha due anni e sua madre ha deciso di raccontare la sua storia in un libro. La donna, redattrice dello Spiegel, in un’intervista al Frankfurter Rundschau ha spiegato che con il suo libro vuole spiegare ai futuri genitori di un bambino disabile che tutto può andare bene. Dopo aver deciso di non abortire, Sandra ha cominciato a scrivere un diario, da cui è nato poi il libro. Quali sacrifici avrebbe dovuto fare per la bambina? Quanto sarebbe stata felice Marja se fosse nata? Queste alcune delle domande che si è posta, ma non ha trovato criteri per i quali una vita può essere definita degna di essere vissuta.
“HA TANTI ERRORI”, COSÌ NASCE IL TITOLO DEL LIBRO
Corrispondente in Cina per lo Spiegel, Sandra Schulz ha viaggiato e visto molto. Poi ha incontrato l’uomo della sua vita e lo ha sposato. Pensava che la sua vita sarebbe stata sempre in salita, mai in discesa, ma al quarto mese di gravidanza scopre che sua figlia ha la sindrome di Down. I test successivi non danno risposte, ma pongono nuovi interrogativi. Il tasso di aborto quando si porta in grembo un feto con la sindrome di Down è superiore al 90%, quindi Marja poteva morire senza spingere sua madre a decidere se abortire o meno. Sandra decide invece di portare avanti la sua gravidanza, di non decidere della vita o morte di sua figlia e di scriverci un libro. Nelle sue parole non c’è una parola di condanna contro chi decide di abortire, né si eleva moralmente al di sopra chi ha preso una decisione diversa dalla sua. Racconta semplicemente la sua storia, spazzando via molti tabù sulla sindrome di Down.
Punta invece il dito contro una società che ha costruito “una industria della mamma”, per la quale se un bambino non rispecchia le aspettative allora non va bene. «Mi sento come se non abbia una bambino, ma un tumore nello stomaco», scrive dopo aver appreso che Marja ha un difetto cardiaco e un aumento del liquido cefalorachidiano nella cavità cranica. L’aborto avrebbe messo fine alle loro sofferenze, a quell’incubo. «Il bambino ha tanti errori», le dice uno specialista (e da qui il titolo del libro). Decide comunque di non abortire: «Sarebbe stata un’automutilazione». E Marja nasce. Oggi ha due anni e sua madre mostra di lei foto felici, immagini di una bambina con la sindrome di Down… e un futuro.