CHARLIE GARD: L’INSEGNAMENTO DI RATZINGER

La vicenda di Charlie Gard ha avuto il merito di unire la Chiesa cristiana nel solco di un convincimento fondamentale: la vita dello sfortunato bambino inglese andava protetta e tutelata ad ogni costo. Si tratta di uno dei cosiddetti “principi non negoziabili” enunciati, come riporta l’Avvenire, in uno dei discorsi più celebri di Benedetto XVI, che ha di fatto smarcato la Chiesa da questo tema così spinoso. “Questi principi”, disse Ratzinger, “non sono verità di fede, anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi princìpi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa”. Dunque l’umanità prima della specifica confessione: ecco perché su Charlie Gard, in ambito ecclesiastico, non ci sono state voci fuori dal coro: perché la tutela della vita è prima di tutto un discorso di umanità. (agg. di Dario D’Angelo)



CHARLIE GARD: UN ALTRO “CASO” NEGLI USA

SI chiama Russel “Bubs” Cruzan, ha 5 mesi e vive negli Stati Uniti e drammaticamente soffre una malattia molto simile a quella del piccolo Charlie Gard, morto una settimana fa a Londra dopo 11 mesi di vita tormentata passata sempre ricoverato negli ospedali inglesi. Ieri era il compleanno del piccolo Charlie e non sono ancora stati pubblicati/emersi elementi significativi di novità dalla famiglia. Si rimane dunque alla condizione di partenza: la decisione per i funerali, probabilmente in forma privata, per quel piccolo bimbo inglese affetto dalla malattia mitocondriale di cui soffre anche il neonato americano. È circa una settimana che i media Usa rilanciano la storia del piccolo Russel, affetto da deplezione Dna mitocondriale: anche in questo caso, purtroppo, si assiste ad una nuova corsa contro il tempo.



I genitori del bimbo stanno infatti cercando di raccogliere i fondi per provare un trattamento sperimentale presso il Boston Children’s Hospital, anche se il bimbo ha solo il 50% di possibilità di arrivare al suo primo compleanno. Come hanno spiegato gli stessi genitori ai media Usa, «quando abbiamo ritirato la diagnosi ci hanno detto che non c’è alcuna cura per lui, i medici ci hanno incoraggiato a portare Russell a casa e goderci il tempo che ci rimane da trascorrere insieme», spiegano Russell Cruzan II e Michelle Budnik-Nab.

La vicenda di Charlie e la battaglie di Chris e Connie ha rappresentato una sorta di “stella polare” a questa coppia americana che ora proveranno ogni strada possibile per poter salvare il piccolino, «vogliamo combattere. Proprio come hanno fatto i genitori del piccolo Charlie, fino all’ultimo».



MITOCON, “FONDAMENTALE ASSISTENZA FAMIGLIE”

L’associazione Mitocon – Insieme per lo studio e la cura delle Malattie Mitocondriali – è la fondazione italiana che cura e assiste le famiglie dei malati di malattie mitocondriali: nel caso di Charlie Gard è intervenuta più volte per dare il proprio parere e giudizio peculiare e ed esperto su una vicenda alquanto spinosa e complessa anche da dipanare dal punto di vista medico. Per la giornata del primo compleanno di Charlie, ha parlare la vicepresidente Paola Desideri, mamma di una bimba affetta da una sindrome mitoconodriale: «La nostra associazione vuole accompagnare chi si ritrova a percorrere una strada che non conosce e sente la necessità di condividere l’esperienza», spiega al quotidiano Sanità Informazione. La sua storia è molto simile a quella dei genitori Gard ma per fortuna la sindrome della sua piccola Maya è meno grave di quella di Charlie: «L’impegno che dedico all’associazione – racconta la Vicepresidente – nasce dalla mia storia personale: il 21 luglio del 2006 è nata mia figlia, una bambina nata apparentemente in condizioni normali che già dai primi mesi di età ha iniziato a presentare dei sintomi che hanno portato alla diagnosi di una patologia mitocondriale molto grave. Io e mio marito ci siamo ritrovati da soli».