Il caso di Charlie Gard ha diviso l’opinione pubblica e scatenato un acceso dibattito anche tra politici, leader religiosi e specialisti scientifici. Tutti hanno parlato del piccolo affetto da una rara malattia genetica, una forma di sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Lo hanno fatto in primis i suoi genitori, che hanno lottato affinché venisse trasferito negli Stati Uniti per essere sottoposto ad una cura sperimentale. Non ce l’hanno fatta a causa dell’aggravarsi delle condizioni del bimbo, morto il 28 luglio scorso. Finora non hanno parlato i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, dove Charlie Gard è stato ricoverato. Lo hanno fatto solo attraverso comunicati e le parole dei loro legali, ma ora emerge una voce tra chi lavora nell’unità di terapia intensiva del Gosh. Ha parlato al Guardian, ma restando anonimo, spiegando le difficoltà che ha dovuto affrontare: da un lato ha dovuto provare ad aiutare una famiglia disperata a salvare il figlio, dall’altro ha dovuto fare ciò che credeva nell’interesse del bimbo stesso.



CHARLIE GARD, LA LETTERA DI UN MEDICO DEL GOSH

LA BATTAGLIA PER SALVARLO

Un membro dell’équipe che ha curato Charlie Gard ha scritto una lettera che riesce a fare luce su un aspetto della vicenda che era rimasto ancora oscuro. «Come tutto il personale che lavora nella nostra unità, ho amato questo bambino, ma ad un certo punto non c’era più nulla da fare. Chi lavora in terapia intensiva sa che ogni bambino che arriva viene amato, ma pochi sono in grado di prendersi un pezzo del tuo cuore quando vanno via. Questo non è solo un lavoro. Vogliamo tenere in vita questi bambini per restituirli ai loro genitori con la miglior qualità di vita possibile. Non sogniamo nient’altro che questo. Saltiamo le pause, trascorriamo interne giornate a studiare e fare ricerche per fare del nostro meglio», ha scritto un medico che si è occupato di Charlie Gard. Una lettera commovente, che invita ad una riflessione quanti hanno preso di mira il Great Ormond Street Hospital: «Non volevamo perderlo, non volevamo che i suoi genitori lo perdessero, ma è nostro dovere, un obbligo giuridico e morale, anche dire quando pensiamo che sia abbastanza».



IL MEDICO DEL GOSH DIFENDE I COLLEGHI

Smettere di combattere non è nella natura di chi lavora in terapia intensiva, ma alle volte è la cosa più giusta da fare. E questo è stato il caso di Charlie Gard, di cui ha parlato un medico del Great Ormond Street Hospital in una lettera toccante. «Io e i miei colleghi abbiamo lavorato duro, abbiamo provato di tutto, abbiamo combattuto duramente per questa famiglia, ma non c’era altro posto dove potesse andare. Questo è stato evidente per tutte le persone che lo hanno trattato», ha scritto il medico che è rimasto anonimo. Non sono pancate parole dense di amarezza nella lettera, come quando il medico cita Donald Trump, Papa Francesco e il conservatore Boris Johnson, «che improvvisamente sapeva più di noi sulle malattie mitocondriali». Ancor più dure sono le parole per i “guerrieri da tastiera”, coloro che sul web hanno preso di mira il Gosh, esasperando ulteriormente il clima. «Abbiamo curato Charlie come meglio potevamo, ma dovevamo smettere».



IL MESSAGGIO CONTRO I “GUERRIERI DA TASTIERA”

Nella parte finale della lettera mandata al Guardian da un medico del Great Ormond Street Hospital su Charlie Gard l’amarezza per la morte del bimbo si mischia con quella per le critiche piovute contro l’ospedale. «Alcuni mi hanno chiesto: “Perché stai cercando di uccidere questo bambino?” Ma non è quello che facciamo al Gosh. Questo clima ha avuto effetti anche su altre famiglie, che temevano non fossimo in grado di fare la cosa giusta per i loro bambini». Il medico si è poi rivolto direttamente a quanti hanno alimentato la tensione: «La prossima volta che scrivete sui social media quanto siamo terribili, provate a ricordare quanto lavoriamo duramente per impedire che ogni giorno muoiano dei bambini, ricordate che i genitori di Charlie leggono quei commenti, cercate di ricordare Charlie, che non ha voluto tutto questo. Avete contribuito al dolore di una famiglia, avete combattuto per una causa di cui non sapete nulla. Poi dimenticherete Charlie, continuerete con la vostra vita, ma i suoi genitori vivranno per sempre con ciò». Infine, un pensiero per Connie Yates e Chris Gard, i genitori del piccolo Charlie: «Il loro dolore è inimmaginabile, la loro perdita incomprensibile e incomparabile. Ma anche noi vivremo con questa perdita per sempre».