Ma Roma è città ingovernabile? Scorriamo un po’ di recente cronaca: un enorme palazzo in centro occupato da anni, in un drammatico mix di miseria, racket, disperazione e sfruttamento. Un insospettabile che strangola la sorella, la sega a pezzi e la getta in tre o quattro cassonetti (tra l’altro facendosi scoprire solo per i ritardi nella raccolta rifiuti). Una spedizione punitiva in un centro immigrati finita con un tentato omicidio. Qualche altro fattore, preso a caso: un esercito di 24mila avvocati, uno ogni 118 abitanti, la più alta densità d’Italia, che significa un oceano di cause vere o inventate che ingolfano una giustizia lumaca. Tutto in emergenza: finanze, trasporti, rifiuti, acqua. Industrie “storiche”, Eni, cinema, tv, che scappano al nord. 



L’archeologo Andrea Carandini ha parlato di “orgia di degrado” senza precedenti e fallimento della giunta in carica. Eppure le condizioni sarebbero favorevoli. Rispetto ad altre metropoli Roma ha un buon rapporto abitanti/territorio: circa 2,8 milioni di persone su 1300 kmq di superficie con 2200 ab/kmq (Parigi 2800 ab/kmq, Londra 5500 ab/kmq). A Roma c’è il Papa, il che va a vantaggio anche di chi non crede. C’è il governo centrale, cioè occupazione e risorse. Il turismo potrebbe essere un volano straordinario (40 milioni di presenze nel 2015). Ci sono potenzialità anche industriali: 500mila imprese nel 2015 con una percentuale di incremento (2%) superiore alla media nazionale. 



Dunque Roma bubbone d’Italia? O peggio Roma simbolo di una Italia in sfacelo? No. Va detto che molti catastrofisti, di destra e sinistra, lo fanno per interesse politico e economico. Il negativo fa audience: Netflix racconta dei sicari di Pablo Escobar, mica della vita dei santi. I teorici delle necessità storiche producono rassegnazione e, soprattutto, non ci azzeccano mai. Ricorre a proposito nel 2018 il centenario della pubblicazione de Il tramonto dell’occidente di Oswald Spengler. E’ passato un secolo, ma, nonostante lui, siamo ancora qua (eh già!, direbbe Vasco). 

Il dramma, di Roma, dell’Europa, è reale, ma diverso da quello previsto. Avendo citato Spengler, mi contro-cito da solo Berdjaev, secondo cui il protagonista della storia da un lato è il piano divino e dall’altro la libertà della persona. Recentemente su questo giornale si è ricordata la funzione positiva delle “città stato”, quasi un nuovo Rinascimento di zone franche di energia ed eccellenza che dialogano col mondo e diventano stimoli per tutti, trasmettendo osmoticamente ricchezza all’intero stato. Non so se la capitale lo potrà mai essere per il paese. Ma forse al suo interno il metodo può essere lo stesso. Ripartire dalle isole di positivo, che pure ci sono nell’educazione, nell’assistenza, nella sanità, ed anche nell’impresa, aperti, senza dirigismo, senza ideologie, potrebbe essere strada anche per Roma?