Sono numeri inquietanti e drammatici quelli derivati dalla scossa di terremoto magnitudo 8.2 che ha sferzato il Messico l’8 settembre scorso. Un movimento tellurico che il presidente Enrique Pena Nieto non ha esitato a definire come il più violento degli ultimi 100 anni. A perdere la vita, finora, sono state 96 persone: la maggior parte provenienti dallo stato meridionale di Oaxaca dove, come ha dichiarato il governatore dello Stato, Alejandro Murat, si contano 77 vittime di cui 37 soltanto nella città di Juchitan. Altre 15 vittime sono state rinvenute nel Chiapas mentre 4 provengono dalla regione di Tabasco. Impegnate nell’immane sforzo di ricostruire, i messicani faticano a tornare alla normalità come se nulla fosse: in questo senso gioca molto a sfavore anche la paura di un nuovo sisma. A partire dal sisma di M 8.2, infatti, si sono già verificate 846 scosse di assestamento, di cui almeno tre superiori alla magnitudo 6 della scala Richter. 



BAMBINO ESTRATTO VIVO DALLE MACERIE

Quella del terremoto in Messico è una storia di morte e dolore, ma come spesso accade, anche nelle tragedie, c’è spazio per un bagliore di luce e speranza. A regalarla ad un popolo intero, messo in ginocchio dal sisma, è stato il piccolo Josué, di 11 anni, è stato estratto vivo dalle macere di un’abitazione crollata a Juchitán, la città più colpita dal terremoto, situata non a caso nel martoriato stato di Oaxaca, dopo essere rimasto intrappolato durante il violento sisma per più di 24 ore. Il piccolo è riuscito a sopravvivere al crollo e ed estratto vivo dai soccorritori e adesso si trova in ospedale ma non pare essere in pericolo di vita. Ricordiamo che a crollare è stato anche l’Angelo dell’Indipendenza di Città del Messico, lo storico monumento che è uno dei simboli della città collocato sul “Paseo de la Reforma”. La colonna eretta nel 1910, era già crollata una prima volta durante il violento terremoto del 1957.

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