NOEMI DURINI. E anche Noemi è morta. Il corpo della sedicenne scomparsa dieci giorni fa da Specchia è stato ritrovato. Soltanto poche ore prima la procura per i minorenni aveva indagato il fidanzato per omicidio volontario e ieri il diciassettenne ha confessato l’omicidio.
È l’ennesima goccia di sangue femminile che va ad ingrossare il fiume di quello sparso dalle donne violate, massacrate, abusate, sfigurate dai cosiddetti fidanzati, padri, mariti, amici. Dai cosiddetti uomini maschi. Ora vorrei guardare negli occhi quelli che ancora si ostinano a dire che la parola femminicidio è superflua perché “basta la parola omicidio”. Vorrei guardarli in faccia e gridar loro di no. Perché un conto è essere uccisi per rabbia, per follia, e un conto è essere massacrata perché sei donna. Perché “l’uomo non deve chiedere mai” e allora o sei mia o non sei di nessuno perché io, che sono maschio, su di te donna ho diritto di vita e di morte. Bisogna usare la parola femminicidio perché quei delinquenti che non si possono chiamare padri, mariti, fidanzati o uomini, uccidono perché nel loro cuore ritengono la donna una “cosa” anche se “senziente”. Un animale da piacere. E rifiutano la sua natura di persona libera, degna, bella che in sé ha il segreto della vita e della custodia. Se abbiamo dei dubbi, ricordiamoci delle parole che sono circolate a proposito dello stupro di Rimini: “è stupro solo all’inizio, poi la donna si calma e gode”.
Bisogna parlare di femminicidio perché — e penso ora ai recenti fatti di Firenze che coinvolgono purtroppo anche dei carabinieri — sono sdegnato dai discorsi da bar in cui gli “uomini” — le virgolette sono d’obbligo — dicono che in fondo lei “se l’è cercata”. Perché vestiva scollata, perché aveva esagerato con l’alcol o le droghe, perché si sa che a volte le donne ti rompono, ti esasperano e allora ci vuole lo schiaffone. Queste frasi da brivido spesso non solo si ascoltano, ma si dicono anche. Con qualcuno vicino che ammicca e ride in modo complice. Da uomo e prete dico che bisogna parlare di femminicidio. E tendere la mano, come uomini, alle donne in difficoltà. Aiutarle a denunciare. Perché non c’è ragione al mondo per credere di meritare uno schiaffo. Nessuna attenuante per la violenza. Nessun amore fa questo. Ricordiamolo. Gridiamolo. Lo dobbiamo a Noemi e a tutte le altre.
Noemi — lo dice il suo profilo Facebook — stava appena imparando a dire di no. A capire che amare non vuol dire possedere, non significa “è importante che tu esista per me” ma “è importante, per me, che tu esista”. Sposti due paroline e cambia tutto. Sposti due paroline prima o dopo lungo la frase e fai la rivoluzione. Passi dal trattare una persona come oggetto proprio, “qualcosa” che può essere bersaglio di desideri e frustrazioni egoistiche, al desiderare che la donna sia una persona. Felice e libera. Noemi iniziava a comprendere che chi ama non prende mai a schiaffi. E quindi se il tuo fidanzato ti prende a schiaffi non ti ama.
Forse è stata uccisa proprio per questo. Noemi iniziava a dare ascolto a mamma e papà che fin dall’inizio quel fidanzato non lo volevano. Noemi cominciava a essere donna in senso compiuto. Tratta dalla costola dell’uomo: per il linguaggio della Bibbia significa che la donna ha pari dignità. Perché se fosse stata superiore all’uomo sarebbe nata dalla testa e se fosse stata inferiore sarebbe nata dai piedi. Nascere dalla costola significa molto. Le costole sono le ossa che mantengono la capacità di espandersi per consentire al soggetto di respirare, ma sono anche fatte per proteggere gli organi interni. Quelli più delicati. Quelli vitali. Quelli che se ricevono un danno grave non c’è più nulla da fare. Una donna è come una costola: flessibile tanto da espandersi ed avere amore per tutti, ma anche forte per proteggere e custodire. Essere donna significa essere depositarie di quella “mitezza guerriera” che Noemi stava iniziando ad imparare. E che forse ha spaventato quel fidanzato così poco uomo. Che ha trovato solo la forza vigliacca di mettere sotto terra la forza tutta femminile che in Noemi stava appena imparando a sbocciare.