Sono state rese note nella giornata di oggi le motivazioni secondo le quali la Cassazione, lo scorso 28 giugno, respinse la richiesta di risarcimento avanzata da Raffaele Sollecito. Il giovane fu detenuto per 4 anni, dal 6 novembre 2007 al 3 ottobre 2011 nell’ambito del procedimento per l’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese assassinata a Perugia. L’assoluzione per Sollecito avvenne solo il 27 marzo 2015 e da allora il giovane pugliese avviò la sua battaglia al fine di far riconoscere in suo favore il risarcimento per ingiusta detenzione. In Appello ottenne un sonoro “no”, poi replicato anche in Cassazione. Ora, emergono le motivazioni che avrebbero portato la Suprema Corte a respingere l’istanza presentata dalla sua difesa, rappresentata dagli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori. Secondo la Cassazione, come riporta il quotidiano Il Mattino, nelle fasi iniziali delle indagini sull’omicidio Kercher, il giovane fornì “affermazioni menzognere e contraddittorie” e le sue contraddizioni trovarono “smentite puntuali sotto ogni aspetto”. Questo avrebbe rafforzato negli inquirenti “la prospettiva del suo coinvolgimento” optando per il carcere in via cautelare.
DIFESA PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE EUROPEA
La difesa di Raffaele Sollecito, nell’avanzare la richiesta di risarcimento aveva sottolineato come quelle dichiarazioni che gli furono contestate e che ora riemergono anche nelle motivazioni della Cassazione, fossero inutilizzabili in quanto fornite senza opportune garanzie difensive. Gli elementi che condussero Sollecito in carcere, invece, furono definiti frutto di “macroscopici errori” investigativi. Non sarebbe della stessa idea la Cassazione che ha così respinto la richiesta, seguendo le orme di quanto già avvenuto in Appello a Firenze nel gennaio scorso. In quell’occasione i giudici negarono il risarcimento poiché ritennero che Sollecito con il suo comportamento “gravemente colposo” avesse contribuito ad indurre gli inquirenti a decidere per la misura cautelare nei suoi confronti. Ma quali sono le contraddizioni contestate sia in Appello che in Cassazione? Raffaele Sollecito asserì di aver lavorato tutta la notte al pc, ma proprio il computer risultava essere inattivo da molto più tempo. Parlò poi di una telefonata con il padre che di fatto non ci fu mai, così come negò sempre la sua presenza e quella di Amanda Knox nella casa teatro del delitto. Di fronte alle motivazioni della Cassazione, spiega l’Ansa, la difesa del giovane intende non fermarsi. “Il sipario non cala qui”, ha replicato l’avvocato Bongiorno che ha annunciato sin da ora ricorso alla Corte europea. “E’ stato totalmente tralasciato l’annientamento delle garanzie difensive in cui sono state rese le dichiarazioni prese in considerazione per negare il risarcimento”, ha chiosato.