Davanti a un caso come quello dell’omicidio della 16enne Noemi, massacrata con violenza a colpi di pietrate in testa, e alla reazione pubblica dell’assassino, che sfotte e irride la folla, si è portati a pensare che siamo davanti o a un folle totale, o al “macho” che si sente superiore a tutto e a tutti, nemico del mondo nel suo tentativo di imporsi e dimostrarsi il più forte. Non è così. La psicologia moderna indaga da tempo la cosiddetta “femminilizzazione” del maschio (si pensi ai numerosi lavori di Claudio Rsé) e così la pensa anche Alessandro Meluzzi, intervistato da ilsussidiario.net. “Non siamo davanti all’uomo selvatico, selvaggio, che combatte per la sua sopravvivenza, nonostante la violenza messa in atto, ma piuttosto a un maschio che davanti all’evoluzione del mondo femminile non ha saputo adeguarsi ad esso e reagisce in modo violento. Questo uomo di oggi, come possiamo vedere in molti altri casi analoghi come quelli di ex mariti che ammazzano la moglie perché ha osato lasciarlo, sono bambini che si sentono abbandonati dalla loro mamma idealizzata, sfogando violenza inaudita”.
Meluzzi, qual è la sua reazione davanti a questo nuovo inaudito episodio di violenza maschile?
Il protagonista, da quanto abbiamo potuto vedere fino adesso, dimostra una grande anafettività, e un senso totale di perdita della moralità, intesa come essenza che costituisce il nostro Io. Non voglio dire che ci troviamo davanti a un soggetto psicopatologico perché vorrebbe dire candidarlo all’impunibilità, ma ci sono forme di male che assumono dimensioni tanto fatue che ci ricordano sempre la banalità del male di memoria nazista. Uomini piccoli piccoli che appaiono sproporzionati al male che avevano fatto. Una sproporzione che ritroviamo anche in questo caso e che ci dà un senso di vertigine e di confusione.
Colpisce che il giovane abbia goduto della complicità del padre: che significa? L’alleanza delle forze maschili di una famiglia contro la donna?
Questo potrebbe essere, ma potrebbe anche essere una totale inadeguatezza educativa. Bisognerebbe ovviamente scandagliare la vita di queste persone, certamente il padre fa una figura altrettanto inquietante di quella del figlio.
Molti studiosi sostengono che l’uomo di oggi si sia femminilizzato perdendo le sue caratteristiche di maschio. Davanti a un episodio come questo si direbbe il contrario, maschio padrone e violento, no? Un uomo selvaggio e selvatico.
No, direi esattamente il contrario. Episodi come questo ci rivelano invece un maschio fragile con reazioni abnormi e di isteria del comportamento che non sa annullare. Non è il maschio selvatico, guerriero e cacciatore, semmai è il contrario, è la femminilizzazione e la conseguenza è l’impotenza del maschio.
Sta dicendo che il maschio di oggi è spaventato dalla capacità di autonomia che la donna ha sviluppato nei suoi confronti?
E’ un uomo che reagisce all’abbandono e alla separazione in modo isterico, con una mancanza di identità, una incapacità di elaborazione, una fragilità sostanziale.
Quali sono le ragioni di questa trasformazione?
Arrivano dal fatto che i maschi sono diventati fragili appendici in un universo femminile che viceversa è molto cresciuto e si è evoluto. Il maschio non ha saputo seguire tempi e modi di questa evoluzione diventando fragile, e quindi si comporta come un bambino impazzito che reagisce alla mamma che lo abbandona.
(Paolo Vites)