Chissà cosa sarà passato per la testa di Ariane. Quale interruttore si sia spento, o acceso, a seconda dei punti di vista. Fatto sta che un bel giorno, l’ormai ex manager inglese di un’industria di produzioni cinematografiche, ha deciso che della vita che aveva vissuto fino a quel momento ne aveva davvero abbastanza. Così, quella 50enne di origini iraniane con un immenso patrimonio da gestire a Londra, ad un certo punto ha abbandonato l’hotel di corso Italia dove stava pernottando, a Milano, e ha iniziato una vita da clochard. Non ha informato nessuno, neanche quei parenti che per un po’ hanno interpretato la sua assenza come uno di quei periodi fisiologici in cui della donna non si avevano notizie, magari perché oppressa dal troppo lavoro.
Quando il telefono però ha iniziato a squillare a vuoto e poi a non squillare più, quando la sorella ha verificato che dai conti non era stato toccato neanche un centesimo, ecco che è scattato l’allarme. Che fine aveva fatto Ariane? Dissolta, svanita, sparita nel nulla. L’unica, dopo il fallimento di Scotland Yard, era affidarsi ad un investigatore privato, un ex poliziotto albanese che con una sola fotografia a disposizione è riuscito a risalire alla verità: Ariane non era sparita, piuttosto si era nascosta. Semplicemente aveva deciso di abbandonare gli agi della sua vita precedente e di trasformarsi in una senzatetto.
L’ABBRACCIO CON LA SORELLA
A ritrovarla su una grata di piazza Beccaria è stato proprio lui, quello sbirro vecchio stampo, osso duro già in forza alla Squadra Mobile di Valona durante la guerra civile in Albania e oggi appartenente all’agenzia di investigazioni Skp Group, a riuscire a venire fuori dal labirinto di segnalazioni errate e depistaggi messi in campo dalla stessa Ariane. Sì, perché quando aveva deciso di trasformarsi in una clochard, agli altri senzatetto l’ex manager non aveva detto di essere inglese, bensì francese. Immaginava che qualcuno avrebbe potuto cercarla, perciò non è stato facile per l’investigatore privato venire a capo del reticolo di informazioni – spesso errate – fornitegli tra un caffé offerto e l’altro da circa 60 senzatetto di Milano. Quando alla fine l’ultima soffiata si è rivelata giusta, quando l’ex sbirro l’ha trovata a dormire su una grata nella vicina piazza Beccaria, scelta perché da sotto saliva aria calda, Ariane si è anche spaventata. Alla mostra degli sms della sorella, però, ha capito che non c’era da temere: quell’uomo era venuto a salvarla, o forse così credeva.
Sì, perché Ariane di tornare non vuole saperne. La sorella che ha provveduto al riconoscimento – obbligatorio – in Questura, dopo averla abbracciata ha capito che difficilmente Ariane indossserà nuovamente i panni della sua vita precedente. Per il momento, dopo che le visite in Ospedale hanno escluso problemi di sorta, le due sorelle sono in albergo insieme: stanno cercando di sfuggire all’assalto dei media. Poi, quando il clamore si sarà spento, le loro strade si divideranno di nuovo: forse per sempre. Nessuno “sbirro” albanese potrà convincere Ariane a tornare alla sua vita, laddove i suoi dolori hanno prodotto un’eco più forte degli agi a cui ha preferito rinunciare.