Il primo abbraccio con il suo papà, mai visto prima, a 4 anni in un’aula di Tribunale. Perché lui, Osman Matammud, 22 anni di origine somala, è accusato di crimini atroci: di aver sequestrato centinaia di connazionali in un campo profughi da lui gestito in Libia, ucciso quattro persone e stuprato decine di donne. Ma questo la bimba non lo sa ed è solo felice di riempirlo di baci. Come non sa che, proprio in quel momento, nell’aula dove si trova, sotto gli occhi di decine di persone, si sta svolgendo il processo contro l’uomo e che la sua mamma, con cui è arrivata, è venuta a deporre chiamata dalla difesa. La bimba ha aspettato paziente disegnando in una stanza vicina, mentre la moglie dell’uomo testimoniava per due ore davanti alla Corte d’Assise. E come racconta Manuela D’Alessandro su Giustiziami.it, è stato alla fine della testimonianza, che i presenti hanno assistito a qualcosa di mai visto prima.



L’AVVOCATO DIFENSORE: ”GESTO DI GRANDE UMANITÀ”

L’avvocato Gianni Rossi, chiede al Giudice Giovanna Ichino se è possibile un breve saluto, dalla gabbia dove siede il suo assistito, tra Matammud e la figlia, che lui non ha mai visto prima d’ora. Il magistrato, senza pensarci troppo, non solo accetta, ma si spinge oltre, con un gesto definito dallo stesso avvocato Rossi “di grandissima umanità”. La donna, allontanandosi dall’aula insieme agli altri giudici, dispone che le sbarre si aprano. La piccola, allora, si fionda tra le braccia dell’uomo che per lei è solo il papà di cui la mamma le ha parlato per tanto tempo. Dieci minuti, tra gli sguardi inteneriti di tutti i presenti, poi la gabbia si chiude. Ma non è finita: la piccola, richiamata, esce dalla gabbia, ma esita, guarda il suo papà: chissà se e quando potrà rincontrarlo. E questa volta è un agente della Polizia Penitenziaria a compiere un altro gesto: guarda la piccola, riapre la gabbia ancora una volta. ”Dai, vai a salutare il tuo papà”, dice. E lei corre. 



LE ACCUSE: TORTURE, OMICIDI E STUPRI

Osman Matammud è stato arrestato lo scorso anno a Milano: riconosciuto all’hub di via Sammartini da due ragazze che hanno raccontato di essere state stuprate da lui nel centro di Bani Walid, in Libia, che, secondo il loro racconto, lui gestiva. Il somalo, è stato dapprima arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma a gennaio le accuse nei suoi confronti sono diventate più gravi: gli vengono imputati quattro omicidi, sadiche torture e decine di stupri. Matammud ha sempre respinto le accuse, sostenendo di non aver mai gestito un centro profughi in Libia, di non aver mai commesso violenze, anzi, dice di essere stato torturato lui stesso durante il viaggio verso l’Europa. Di queste torture, confermate dalla moglie, porta i segni sul corpo. L’avvocato difensore sostiene che sia la vittima di un conflitto tra clan somali. Ora sarà il processo a dover fare chiarezza sulla vicenda, mentre la piccola, che vive a Roma con la mamma, aspetterà. Chissà quanto…

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