LA LOTTA CONTRO IL TERRORISMO

Carlo Alberto Dalla Chiesa non ha lottato solo contro la mafia, ma anche contro il terrorismo. Dopo l’uccisione di Aldo Moro, il generale venne messo a capo del nucleo speciale per la lotta al terrorismo. L’obiettivo era arrivare all’azzeramento delle Brigate Rosse. Strinse quindi il cerchio attorno ai capi grazie all’aiuto di collaboratori fedeli, giovani ufficiali come Umberto Bonaventura, Nicolò Bozzo, Luciano Seno. Con loro individuò Lauro Azzolini e Nadia Mantovani, entrambi membri della direzione strategica delle Brigate Rosse. Pochi mesi dopo diede inizio alla seconda fase: gli arresti falcidiarono i ranghi delle organizzazioni armate, poi si arrivò alla cattura di Mario Moretti per chiudere il cerchio su ideatori e realizzatori della «operazione Moro». Otto mesi più tardi, Carlo Alberto Dalla Chiesa lasciò per sempre Milano, ma i suoi uomini continuavano a operare e colpire. Si chiamavano il “mucchio selvaggio”, come riporta il Giornale. Anche grazie a Dalla Chiesa e ai suoi uomini Milano riuscì ad uscire dal tunnel. (agg. di Silvana Palazzo)



IL GENERALE NEI CUORI DELLA GENTE

Stamattina è stato piantato un albero nel Giardino della Memoria di Palermo dedicato alle vittime della strage del 3 settembre 1982, quando persero la vita il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e il poliziotto Domenico Russo. Durante la cerimonia è intervenuto il generale Tullio Del Sette, secondo cui «nella memoria collettiva il generale resterà sempre nei cuori della gente». Per Nando Dalla Chiesa, uno dei figli del generale presente alla cerimonia, Palermo è cambiata in questi 35 anni: «Sono stati fatti molti passi in avanti in tema di legalità e di riscatto. E questo luogo, qui a Ciaculli, rappresenta la voglia di riscatto del popolo siciliano nel ricorso delle vittime». Nella giornata di oggi si ricorda una pagina drammatica della storia recente siciliana, ma l’albero non dovrà ricordare solo il sacrificio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma anche aiutare i siciliani, come spiegato dal segretario regionale dell’Assostampa siciliana, Alberto Cicero, «a custodire la memoria dei tanti, tra cui molti giornalisti, che hanno perso la vita in nome della verità e della libertà». (agg. di Silvana Palazzo)



IL CASO MATTARELLA

Nella stessa intervista, dalla Chiesa si fa interprete di una serie di drammatici fatti di cronaca. Tra i più freschi, all’epoca, c’era l’assassinio di Mattarella Junior. “È accaduto questo: che il figlio, certamente consapevole di qualche ombra avanzata nei confronti del padre, tutto ha fatto perché la sua attività politica e l’impegno del suo lavoro come pubblico amministratore fossero esenti da qualsiasi riserva. E quando lui ha dato chiara dimostrazione di questo suo intento, ha trovato il piombo della mafia. Ho fatto ricerche su questo fatto nuovo: la mafia che uccide i potenti, che alza il mirino ai signori del ‘palazzo’. Credo di aver capito la nuova regola del gioco: si uccide il potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può uccidere perché è isolato”. In altre parole: “Il caso di Mattarella è ancora oscuro, si procede per ipotesi. Forse aveva intuito che qualche potere locale tendeva a prevaricare la linearità dell’amministrazione. Anche nella DC aveva più di un nemico. Ma l’esempio più chiaro è quello del procuratore Costa, che potrebbe essere la copia conforme del caso Coco”. [agg. di Rossella Pastore]



“UNA NUOVA MAPPA DEL POTERE MAFIOSO”

Nella sua ultima intervista a Giorgio Bocca, dalla Chiesa compara le mafie di ieri (1960) a quelle di oggi (1980): “Allora, l’istituto del soggiorno obbligatorio era un boomerang, qualcosa superato dalla rivoluzione tecnologica, dalle informazioni, dai trasporti. Ricordo che i miei corleonesi, i Liggio, i Collura, i Criscione si sono tutti ritrovati stranamente a Venaria Reale, alle porte di Torino, a brevissima distanza da Liggio con il quale erano stati da me denunziati a Corleone per più omicidi nel 1949. Chiedevo notizie sul loro conto e mi veniva risposto: ‘Brave persone’. Non disturbano. Firmano regolarmente. Nessuno si era accorto che in giornata magari erano venuti qui a Palermo o che tenevano ufficio a Milano o, chi sa, erano stati a Londra o a Parigi”. E oggi? “Oggi mi colpisce il policentrismo della mafia, anche in Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo”. [agg. di Rossella Pastore]

IL RICORDO DEL FIGLIO NANDO

Domani, domenica 3 settembre, ricorre il 35esimo anniversario dall’assassinio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Un servitore dello Stato ucciso dalla mafia assieme alla seconda moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente Domenico Russo. In un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, Nando il figlio del Generale, ha raccontato tutti gli ultimi giorni trascorsi con il padre: “Trascorremmo insieme due settimane nella nostra casa di campagna. Si sentiva a rischio, non protetto. Arrivò da Napoli a Palermo in nave e non c’era nessuno ad attenderlo, lo fecero sbarcare all’alba totalmente solo. Mi parlò dei suoi avversari, mi fece il discorso sugli andreottiani che c’erano “dentro fino al collo”. Sembrava un leone in gabbia, cercava appoggi e sostegni al telefono, gli sbattevano in faccia porte che, all’epoca della lotta al terrorismo, si erano sempre aperte subito. Se ne ha traccia anche nella sua ultima intervista, a Giorgio Bocca. Non era la normale solitudine dell’uomo di legge con la sua coscienza. Era isolamento, uno struggente isolamento”.

LE PAROLE DEL CAPITANO ULTIMO, NIPOTE DEL GENERALE DALLA CHIESA

“Il 3 settembre è un anniversario importante per noi carabinieri, è il giorno della legalità, è la data in cui è morto il generale Carlo Alberto dalla Chiesa“. Così il capitano Ultimo, nipote di dalla Chiesa, annuncia l’imminente inizio delle celebrazioni in onore di una delle figure più eminenti della lotta alla mafia. “Questo giorno è esempio, testimonianza e speranza di legalità. Carlo Alberto è con noi e con tutte le persone che hanno combattuto per una giusta causa”. Il primo appuntamento è per il 3 settembre presso la casa famiglia Tenuta della Mistica in via Prenestina a Roma. “Ricordiamo l’uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa –si legge nel volantino di invito – invitiamo la gente semplice, le famiglie, i sognatori, gli offesi, i combattenti, i carabinieri, quelli che credono e quelli che hanno perso la speranza, i ribelli, i mendicanti e soprattutto i giovani che vogliono un mondo nuovo. Noi non abbiamo dimenticato la luce dei suoi occhi quando disegnava le battaglie per difendere i più deboli sulla strada contro il terrorismo e contro la mafia; non abbiamo dimenticato l’invidia la falsità, l’avidità con cui lo hanno combattuto quelli che lo hanno celebrato. Noi saremo accanto al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa insieme alle stelle del cielo per una preghiera che è anche il nostro canto di amore”.

MAFIA E ISTITUZIONI

Da Roma a Palermo, con la Festa dell’Onestà di Cassaro Alto. L’opera(to) di dalla Chiesa rimanda inevitabilmente a quella terra martoriata che tentò di riscattare, la Sicilia. Dopo l’acme delle stragi di Falcone e Borsellino, la mafia agisce sommessamente, quasi in punta di piedi. Una vera e propria eminenza grigia, che non ha mai smesso di incutere timore. Un timore reverenziale, si direbbe, che consiste in quel sentimento di grande rispetto condito da una buona dose di soggezione e paura. Dalla Chiesa non conobbe mai quel metus reverentialis; al contrario, osò sfidare il sistema, e per questo trovò la morte. Quello del Generale è un martirio in piena regola, portato avanti al grido di “potere alle istituzioni!”. “È qualcosa di univoco”, commentava dalla Chiesa, “non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori né ai prepotenti né ai disonesti”. Il potere non è delegabile, ma non è nemmeno spartibile. Guai allo Stato se osasse scendere a patti con la mafia. I corpi istituzionali figurano numerosi tra gli invitati della grande festa di Cassaro. Ma la lista è soggetta a variazioni: l’adesione è aperta a tutti coloro che condividono l’importanza dell’onestà e del bene comune.