“Tutti i bambini crescono, tutti tranne uno”, recita Wendy nel film Peter Pan di P.J.Hogan. La povera amica dell’eterno bambino dovrebbe oggi correggere il tiro, perché, stando a uno studio americano, i giovani di oggi proprio non ne vogliono sapere di diventare grandi. Tutti presi da sesso, alcool e cellulari, circondati da agiatezze di ogni sorta, i moderni Peter rimandano sempre più le esperienze dell’età adulta, tanto che un diciottenne di oggi sarebbe come un quattordicenne di ieri. A sostenerlo è uno studio condotto dalla statunitense Jean Twenge, docente di Psicologia presso la San Diego State University, che sulla ricerca a scritto anche un saggio di cui parla Giuliano Aluffi su Repubblica.it. La Twenge ha analizzato, lungo il corso degli ultimi 40 anni, la propensione di 8,4 milioni di adolescenti americani di età compresa tra i 13 e i 19 anni alle attività più “da grandi”: il risultato è che nessuno di loro ha così tanta fretta di occuparsene lasciando l’età dell’adolescenza per dedicarsi ad avere un partner, trovare un lavoro, una casa, insomma, a diventare grande.



“I 25ENNI DI OGGI SONO COME I 18ENNI DI IERI”

“I diciottenni di oggi sono come i quindicenni di ieri. E i venticinquenni di oggi sono come i diciottenni di un tempo” spiega l’autrice dello studio pubblicato su Child Developement, sostenendo che il tracrollo sia iniziato a cavallo del Nuovo Millennio. Da allora, la situazione andrebbe via via peggiorando, con una riduzione continua del numero di adolescenti che fanno cose considerate un allenamento a entrare nella vita adulta. E non c’è diffrenenza di sesso o di etnia in questa involuzione: tutti i ragazzi di quell’età, che siano indifferentemente donne o uomini, originari di qualsiasi luogo, si tengono fermamente ancorati all’età della fanciullezza. Così, ad esempio, intorno al 2010 i 17-18enni uscivano per appuntamenti romantici meno di quanto facessero i 15-16enni negli anni Novanta. E mentre intorno al 1991 il 54% dei diciassettenni aveva già avuto esperienze sessuali, nel 2015 questa percentuale è scesa al 41%.



COLPA DI INTERNET, DEGLI AGI E DEGLI SMARTPHONE

Le ragioni sarebbero molteplici. Da un lato c’è la diffusione di Internet: se oggi si passano online più ore di un tempo, è chiaro che restano meno ore per uscire o fare lavoretti. Ma, come spiega la Twenge, il web non può essere la sola spiegazione, perché questo trend è iniziato da prima del boom dell’Internet di massa. La motivazione più convincente sembra essere un altra e per capirla bisogna riprendere la teoria life- history, secondo cui chi vive in un ambiente agiato ha meno fretta di crescere rispetto a chi passa l’adolescenza tra rinunce e ristrettezze. Quando il futuro è incerto e le risorse sono scarse, gli esseri umani hanno un forte incentivo a bruciare le tappe verso la maturità sessuale, così da aumentare le proprie chance di riprodursi nonostante le avversità. Chi è protetto da un contesto familiare più confortevole, invece, può indugiare più a lungo nel parco giochi dell’adolescenza. Dal 2000, infatti, i figli hanno avuto più agi: è aumentato il reddito delle famiglie e si è ridotta la loro dimensione, così i bambini hanno iniziato a sentire meno pressanti le urgenze dettate da un orologio biologico formatosi in tempi più primitivi. A peggiorare la situazione è arrivato poi lo smartphone: comunicando di più tramite cellulare, i teenager sentono meno bisogno di uscire e ritrovarsi fisicamente.

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