E’ una sentenza choc quella emessa da un giudice del Lavoro di Chieti con la quale è stato disposto il reintegro di un dipendente di Poste Italiane, licenziato poiché reo di aver rubato dalla cassaforte dell’ufficio quasi 15mila euro. A riportare i retroscena di una vicenda iniziata nel 2012 è Blitz Quotidiano che ripercorre oggi tutte le fasi della vicenda che tanto sta facendo discutere. Protagonista dell’intera vicenda è un dipendente di un ufficio postale di Vasto, impiegato di vecchia data, il quale cinque anni fa riuscì a sfilare dalla cassaforte la somma di 14.500 euro in contanti. Attraverso una intercettazione l’impiegato ladro fu scoperto, prima trasferito e poi sospeso. Già allora, a scendere in campo contro la sospensione erano stati i suoi avvocati i quali erano riusciti ad ottenere il suo reintegro. Dopo alcuni anni dall’episodio, la Giustizia si è espressa con una sentenza penale che ha giudicato colpevole il dipendente postale. Per la Legge, dunque, fu l’impiegato a prendere i soldi dalla cassaforte. La condanna però, non fu per peculato bensì per appropriazione indebita, pur non cambiando di una virgola la ricostruzione dell’accaduto e le reali responsabilità. Dopo la sentenza, ecco che interviene Poste Italiane con il licenziamento. E con questa decisione sarà sancito, secondo il giudice del Lavoro, l’errore dell’azienda.



LA SENTENZA CHOC

Un licenziamento certamente giusto, quello a carico del dipendente infedele, anche se a non pensarla nel medesimo modo è stata la giudice Ilaria Pozzo che ha deciso di reintegrarlo con una sentenza degna di uno dei film di Checco Zalone. A sbagliare, a detta del magistrato del Lavoro, sarebbero state proprio Poste Italiane, che avrebbero peccato di un eccessivo garantismo nei confronti del proprio dipendente. E così, non solo è stato disposto il reintegro ma anche il pagamento di tutti gli arretrati. Si legge nella sentenza choc: “La società disponeva sin dal 2012 di tutti i dati sufficienti per procedere a una contestazione disciplinare”. La decisione di procedere a licenziamento solo dopo una sentenza di condanna, dunque, sarebbe stata “irrimediabilmente tardiva”. Una sentenza, quella di Chieti, giudicata da Blitz Quotidiano non solo contro il buon senso ma anche “contro la Legge stessa”. Una decisione certamente discutibile, quella assunta dal giudice del Lavoro e che ha posto nuovi interrogativi sulle punizioni da dare ai responsabili di reati, come ad esempio rubare quasi 15mila euro sul posto di lavoro e farla comunque franca.

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