Un caso spinoso, un altro dopo la Correctio Fililalis della fronda anti-Bergoglio, per il Vaticano che è stato oggetto delle accuse dirette di Libero Milone, l’ex Revisore Generale contabile della Santa Sede: in una intervista a Massimo Franco sul Corriere della Sera – ecco qui il testo integrale – Milone dà la sua versione di fatti a 3 mesi dalle dimissioni clamorose dal ruolo in Santa Sede di revisore Generale. «Ho ricevuto pressioni e sono stato costretto a lasciare», spiega Milone al collega del Corriera e rincara subito la dose, «Non potevo più permettere che un piccolo gruppo di potere esponesse la mia persona per i suoi loschi giochi. Mi spiace molto per il Papa. Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile, ma nell’ultimo anno e mezzo mi hanno impedito di vederlo. Evidentemente non volevano che gli riferissi alcune cose che avevo visto. Volevo fare del bene alla Chiesa, riformarla come mi era stato chiesto. Non me l’hanno consentito…».
La Santa Sede si è vista obbligata ad una pronta risposta, arrivata sempre in giornata, dove in sostanza viene smentita nettamente l’accusa di Libero Milone e come conseguenza vengono rivelate le reali motivazioni delle dimissioni “forzate” dell’Ex Revisore Generale: «La Santa Sede prende atto con sorpresa e rammarico delle dichiarazioni rilasciate dal dtt. Libero Milone, già Revisore Generale. In questo modo egli è venuto meno all’accordo di tenere riservati i motivi delle sue dimissioni dall’Ufficio. Si ricorda che, in base agli Statuti, il compito del Revisore Generale è quello di analizzare i bilanci e i conti della Santa Sede e delle amministrazioni collegate». in pratica, prosegue la nota della Sala Stampa Vaticana, l’ufficio diretto da Milone «esulando dalle sue competenze, ha incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede. Questo, oltre a costituire un reato, ha irrimediabilmente incrinato la fiducia riposta nel Dott.Milone, il quale, messo davanti alle sue responsabilità, ha accettato liberamente di rassegnare le dimissioni».
L’EX REVISORE, “MI HANNO IMPEDITO DI VEDERE IL PAPA”
Al Corriere però Milone aveva raccontato una versione diversa, in cui lo scorso 19 giugno veniva ricevuto dal Sostituto alla Segreteria di Stato, monsignor Becciu per un motivo diverso da quello in cui invece si ritrovò l’allora Revisore Generale: «mi sentii dire che il rapporto di fiducia col Papa si era incrinato: il Santo Padre chiedeva le mie dimissioni. Ne domandai i motivi, e me ne fornì alcuni che mi parvero incredibili. Risposi che le accuse erano false e costruite per ingannare sia lui che Francesco; e che comunque ne avrei parlato col Papa. Ma la risposta fu che non era possibile». L’accusa nata dalla Santa Sede riguarda due fatture intestate ad un unico fornitore, accusandolo di peculato (distrazione di fondi come pubblico ufficiale): «Vidi che su entrambe le fatture c’era il timbro del mio ufficio, ma solo una era firmata da me. L’altro aveva come firma uno scarabocchio. […] Erano conti per indagini ambientali, per 28 mila euro, per ripulire gli uffici da eventuali microspie. In più, il decreto del tribunale parlava solo delle mie competenze contabili, senza citare i controlli sull’antiriciclaggio e la lotta alla corruzione, contenute nello statuto. E con questo mi hanno accusato anche di avere cercato informazioni impropriamente su esponenti vaticani», spiega ancora un incredulo Libero Milone al quotidiano milanese.
Non attacca direttamente il Papa, che anzi considera un uomo bravissimo e con riforme importantissime presentate, ma spiega ancora come «conoscendolo di persona, e stimandolo moltissimo, il suo silenzio totale me lo spiego o col fatto che non gli hanno consentito di parlare con me, o con altre ragioni che non conosco». Le dichiarazioni fortissime – e smentite dalla Santa Sede prontamente – di Milone arrivano alla vigilia di nuove pubblicazioni di altri Vatileaks con documenti ancora in mano a Monsignor Balda, a pochi giorni dalla pubblicazione del falso dossier su Emanuela Orlandi.