Era una prima volta. E con tutta probabilmente rimarrà anche l’ultima. Perché Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e da qualche mese anche presidente della Conferenza episcopale italiana, non ama imporsi, e l’idea di parlare prima dei confratelli non gli va giù. Questione di metodo. Meglio ascoltare e poi tirare le somme, che orientare una discussione mettendo sul tappeto problemi ed eventuali soluzioni. Si chiama “collegialità” ed è un suo pallino. Come del resto per Francesco.
Il cardinale toscano, che non manca di citare La Pira e don Milani, ma anche Paolo VI e Mazzolari, per il suo esordio nel Consiglio permanente della Cei, non ha abbandonato lo stile colloquiale e diretto che lo contraddistingue. Già l’incipit era un programma. Non solo confratelli, ma “amici”. Così si è rivolto al gruppuscolo di vescovi che costituisce il parlamentino della Chiesa italiana. Prima di andare diritto al nocciolo della questione: vale a dire l’essenziale della testimonianza cristiana, l’annuncio del Vangelo. Sine Glossa.
Si è avuta l’impressione che in Circonvallazione Aurelia ieri, all’apertura della sessione autunnale della Cei, sia cambiato qualcosa. Non nelle priorità che rimangono immutate: lavoro, giovani, immigrazione e famiglia. Ma nella modalità di approccio ai problemi. Concretezza, realismo, ma soprattutto franchezza. Bassetti ha messo tutta la sua esperienza di pastore nello scegliere parole mai assertive, ma dialoganti, sempre ispirate dalla preoccupazione che l’Italia diventi un paese “migliore”. Questa la regione dell’appello per il lavoro, ma anche del pungolo al governo sul riconoscimento del fattore famiglia nel sistema fiscale, o ancora del richiamo al diritto di cittadinanza per i figli dei migranti nati e cresciuti nel nostro paese.
Ma la vera novità forse è nella libertà di giudizio sulla recente e complessa storia della Chiesa italiana. Quando elogiando la semplicità dell’annuncio evangelico, ha ammesso che forse è ora di “archiviare progetti, non sbagliati, ma secondari” rispetto al primato della missione. O quando ha evocato una comunità ecclesiale “che si ritira nelle astrattezze moralistiche o solidaristiche”. Difficile non leggervi una stoccata a certe battaglie del passato e a progetti trascinati per decenni di convegno in convegno, per mezza Italia. Ma forse il passaggio che farà più discutere ad intra è quello in cui il cardinale Bassetti invita i cattolici a non dividersi in “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”. Nessuno fino ad oggi era stato così chirurgico nel toccare la piaga del cattolicesimo italiano. E il neo presidente della Cei lo ha spiegato in maniera diretta: non ci si può prendere cura dei migranti per poi dimenticarsi il valore della vita, né tanto meno farsi paladini dei diritti del nascituro per poi ignorare i poveri e i migranti, arrivando persino a nutrire sentimenti ostili e xenofobi. Basta farsi un giro sui social per capire di cosa si sta parlando. Bassetti propone una visione di Chiesa molto simile a quella desiderata da Francesco. La sensazione è che con il suo arrivo ai vertici della Cei, la sintonia con il pontefice sia aumentata. Ora bisogna solo sperare che in molti lo seguano.