La morte di Emanuele Scieri, giovane parà 26enne siracusano trovato senza vita il 16 agosto 1999, potrebbe essere stata causata da un episodio di nonnismo. A distanza di oltre 18 anni, sarebbero emersi “nuovi elementi di responsabilità” tali da necessitare la riapertura delle indagini. E’ stata questa la richiesta rivolta alla Procura di Pisa dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del ragazzo. Un giallo inquietante, come ricorda Corriere.it, che prende il via dalla sera della sua scomparsa, il 13 agosto 1999, a quasi un mese dal suo arrivo alla caserma Gamerra dei paracadutisti della Folgore a Pisa, dove Emanuele, dopo la laurea in giurisprudenza, era stato chiamato a svolgere il servizio di leva. Di lui non si ebbero notizie anche nei due giorni successivi alla scomparsa che tra l’altro non provocò alcuna preoccupazione presso gli altri militari. Il 16 agosto, il cadavere di Scieri fu rinvenuto ai piedi della torretta dell’asciugatoio dei parà della Gamerra. Le prime ricostruzioni evidenziarono un volo di 12 metri in seguito al quale il ragazzo siciliano non andò subito incontro alla morte, che al contrario si rivelò estremamente dolorosa, sopraggiunta dopo una lunga agonia. Il corpo senza vita di Emanuele Scieri fu “nascosto”, ovvero ritrovato non nei pressi del luogo della caduta. Il giovane fu rinvenuto con la colonna vertebrale spezzata e le scarpe slacciate. Sulle mani ed in altre parti del corpo furono rinvenute abrasioni come se il 26enne, prima di morire o chissà, forse dopo, fosse stato calpestato.



IL GRANDE MURO DI OMERTÀ

Quello di Emanuele Scieri è sempre stato considerato un caso contraddistinto da un elevato livello di omertà. Nessuno avrebbe visto o sentito nulla e si delineano via via sempre di più i contorni di una morte legata ad un violento episodio di nonnismo. Per la famiglia del giovane parà inizierà ben presto il calvario verso la ricerca della verità, che dal 2011 procede senza la presenza del padre Corrado, deceduto senza sapere cosa sia accaduto al giovane figlio. La madre, di contro, ha sempre vissuto con l’incubo che il giovane si fosse suicidato senza riuscire a comprendere i suoi possibili problemi. La famiglia, però, non ha mai accettato la tesi del suicidio, contestando invece i silenzi che ci sono sempre stati all’interno della caserma. Anche la Procura di Pisa, pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Emanuele, puntò il dito contro il muro di omertà che avvolgeva la morte del giovane parà, con un appello lanciato dal procuratore capo Enzo Iannelli ma al quale non giunsero mai risposte esaustive. L’inchiesta sarà destinata a chiudersi senza neppure giungere ad un processo per l’assenza di prove che evidenziassero un colpevole dietro la morte di Scieri, nonostante i tanti dubbi sulla vicenda. Nelle settimane seguenti, anche l’Esercito avviò una commissione d’inchiesta per fare luce su eventuali responsabilità disciplinari e di comando, mai trovate. Dopo le ispezioni e dopo aver ascoltato alcuni militari, non si arrivò a nessun riscontro apprezzabile e la vicenda fu destinata a finire nel dimenticatoio. Non certo per la famiglia di Scieri che oggi torna a chiedere la verità sul giallo del militare siracusano.

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