Per un “mi piace” su Facebook si può finire nei guai: è successo a Brindisi, dove sette persone devono rispondere di diffamazione per un incauto “like” lasciato sul noto social network. La vicenda risale a tre anni fa, quando comparve su Facebook un commento che accusava Pasquale Russo, l’allora sindaco di San Pietro Vernotico, e alcuni dipendenti comunali di essere fannulloni e assenteisti. Per il procuratore Nicolangelo Ghizzardi il post e gli apprezzamenti allo stesso sono egualmente offensivi e concorrono a configurare il reato di diffamazione aggravata, per il quale si terrà un processo il prossimo novembre. Si tratta del primo caso in Italia in cui si finisce sotto accusa per un “mi piace”, ma per gli esperti difficilmente le sette persone imputate verranno condannate. A Fulvio Sarzana, avvocato e docente di Diritto digitale all’Università Telematica di Nettuno, non risultano precedenti di questo tipo in Italia: «Esiste solo un caso contestato dalla procura di Genova persone che sui social misero il “mi piace” a un post contro i rom. Ma in quella circostanza è stata ravvisata la violazione della legge Mancino sull’incitamento all’odio razziale», ha spiegato l’esperto al Corriere della Sera.



NEI GUAI PER UN “MI PIACE”: PRIMO CASO IN ITALIA

Sotto accusa per un like: accade a Brindisi e il dibattito divampa proprio sul web. Che si possa finire nei guai per un messaggio offensivo sui social è un fatto noto, visto che si configura il reato di diffamazione, ma ci sono molte perplessità sul fatto che si possa rischiare una condanna per un semplice “mi piace”. «Il reato presuppone il dolo, una volontà specifica che probabilmente manca a un gesto automatico. Comunque sia, anche in questo caso occorrerà attendere una pronuncia della Cassazione», ha spiegato l’avvocato Fulvio Sarzana al Corriere della Sera. Per l’accusa però quel post e il “like” hanno offeso l’onore, il decoro e la reputazione di sindaco e alcuni dipendenti. Quello di mettere “like” su Facebook è un gesto diventato ormai abituale, rituale, quasi automatico, ma a questo punto conviene cominciare a ragionare meglio prima di dare la propria “approvazione” a uno stato sul popolare social network.

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