In carcere per ottenere la libertà… di guidare. E ora il grande giorno è arrivato: Manal Al Sharif, la donna che era stata arrestata perché si era fatta riprendere da un’amica mentre guidava, dice di aver pianto quando ha ricevuto la notizia che nel suo parse, l’Arabia Saudita, le donne, finora interdette alla guida, potranno prendere la patente. “Ho vissuto per vedere questo giorno. È la nostra liberazione”, ha commentato in un’intervista rilasciata a Repubblica. Ciò che in Italia è un’ovvietà più che un diritto, ovvero che le donne guidino, in Arabia Saudita non lo era affatto, al punto da mettere a rischio la propria libertà nel caso in cui si violasse quel divieto. Come successe a Manal, che voleva essere da esempio per le donne del suo paese: nel 2011, a 32 anni e fresca di divorzio, si era messa alla guida della sua auto per le strade di Damman, città della Provincia orientale dell’Arabia. Al suo fianco, un’amica la riprendeva con il cellulare e trasmetteva le immagini su Internet.



L’ESEMPIO DI MANAL E LA CAMPAGNA #SAUDIWOMENDRIVE

Nel giro di poche ore, era diventata una star del web. Il successo l’aveva convinta a riprovare, ma era stata arrestata. Finita in carcere e messa in isolamento per otto giorni, ne era uscita solo firmando un foglio in cui si impegnava a non guidare, a non parlare con la stampa e a non sfidare più le autorità. Ma non finì qui: perse il lavoro, fu minacciata, la sua famiglia insultata. La pressione era tale che nel giro di qualche mese fu costretta a lasciare il Paese, costretta a lasciare un figlio su cui l’ex marito aveva e ha tuttora il diritto di custodia. Il suo arresto è stata la molla che ha fatto ripartire #Saudiwomendrive, la campagna che negli ultimi sei anni ha tenuto sotto costante pressione la monarchia saudita, costringendola ad abolire, due giorni fa, una norma che era unica al mondo. «Quando mi sono svegliata l’ho trovato pieno di messaggi di ogni tipo. Pensavo fosse uno scherzo: ho controllato sulla Bbc. Poi mi sono messa a piangere: io, e con me un’intera generazione di saudite, abbiamo vissuto per vedere questo giorno. È la nostra liberazione».



UNA SCELTA PROPAGANDISTICA CHE VA COMUNQUE FESTEGGIATA

Non è tutto oro quel che luccica, però. Infatti, la decisione della monarchia, sebbene sia una grande vittoria per le donne saudite e per Manal, sembra essere una scelta propagandistica: in altre parole, il ruolo della donna viene nuovamente utilizzato, ma questa volta con finalità opposte. «La monarchia vuole dimostrare che i tempi sono cambiati. Le donne sono state usate a lungo come strumenti per compiacere gli estremisti, ora vengono usate per mostrare al mondo che l’ Arabia Saudita è un Paese moderno e liberale». Un paese che comunque sta cambiando, che inizia a stare a sentire ciò che hanno da dire le donne e, tra queste, Manal: «Questo non è mai successo prima», commenta la donna. Per questa ragione questo risultato va festeggiato: «Il 6 novembre, anniversario del giorno in cui nel 1990 47 donne per la prima volta sfidarono le autorità guidando nelle strade di Riad. Questa vittoria è anche loro: hanno sacrificato le loro vite per questo».