Un incidente all’età di 20 anni aveva privato Philippe (nome immaginario) della sua vita. Era piombato in uno stato di coma che i medici non avevano esitato a definire irreversibile. E neanche i suoi cari, ormai, si azzardavano ad invocare un miracolo, rassegnati a vedere quel giovane a sopravvivere come un vegetale. Quindici anni dopo quel tragico incidente, però, Philippe è migliorato: non parla e non si muove soltanto perché lesioni al tesuto cerebrali sono troppo gravi perché possa farlo, ma il risveglio è si è completato. Il passaggio dal presunto stato “vegetativo irreversibile” a quello di minima coscienza è compiuto. Gran parte del merito, come riporta Avvenire, spetta ad una ricercatrice italiana, la sarda Angela Sirigu, direttore di ricerca all’Istituto di Scienze cognitive “Marc Jeannerod” del Centro nazionale di ricerca scientifica (Cnrs) a Lione. Porta anche la sua firma la scoperta legata alla stimolazione del nervo valgo, pubblicata su Current Biology, che ha restituito la coscienza a Philippe. Ma com’è stato possibile ottenere un risultato così importante e insperato?



MIGLIORAMENTI DOPO UN MESE

A spiegare come si è giunti al risveglio del paziente è stata proprio la ricercatrice italiana Angela Sirigu, che ad Avvenire.it ha raccontato:”Abbiamo scelto questo paziente proprio per la sua gravità: in 15 anni, dal giorno dell’incidente, non aveva mai dato alcun segno di cambiamento. Volevamo essere certi che, se in seguito alla stimolazione del nervo vago si fosse verificato qualche miglioramento, non potesse dipendere da un caso ma dal nostro trattamento. (…) Ci siamo posti questa domanda: in che modo restaurare la coscienza nei pazienti che l’hanno persa e che vivono in stato vegetativo? La nostra ipotesi, che dovevamo verificare, era che la stimolazione del nervo vago potesse rivelarsi efficace, poiché è connesso proprio alle zone cerebrali della coscienza. Con un piccolo intervento chirurgico, durato una ventina di minuti, abbiamo messo degli elettrodi intorno al nervo, a livello del collo, impiantando contemporaneamente sul petto, sotto pelle, uno stimolatore in grado di trasmettere gli impulsi agli elettrodi: quando diamo inizio alla stimolazione, grazie all’attività del nervo vago si raggiungono regioni del cervello preposte alla coscienza, come il talamo e la stessa corteccia cerebrale. Il trattamento è durato sei mesi per 24 ore al giorno, con questi ritmi: 30 secondi di stimolazione e 5 minuti di pausa“. I miglioramenti sono evidenti dopo pochissimo (un mese, ndr), ma soprattutto duraturi:”Posso dire che tutto è rimasto stabile, ma non mi spingo oltre perché lo studio, iniziato due anni fa, è ancora in corso. Anzi, continuerà in modo molto più ampio, mettendo insieme le forze di vari centri di ricerca, per confermare ed estendere il potenziale terapeutico di questa tecnica“.



LE PROSPETTIVE

La storia di Philippe, uscito da uno stato di incoscienza dopo 15 anni di coma definito “irreversibile”, è di quelle che commuovono. La dottoressa Sirigu ha parlato di miglioramenti evidenti nella quotidianità del paziente:”Chiudeva gli occhi e li riapriva su nostra richiesta, se gli parlavamo spostandoci nella stanza lui ci seguiva con lo sguardo, gli chiedevamo di girare la testa a destra o a sinistra e lo faceva, reagiva a fatti improvvisi, ad esempio sbarrava gli occhi se ci si avvicinava di colpo a lui. Poi siamo arrivati al punto che, mentre la terapista gli leggeva le pagine di un libro, dimostrava un’attenzione sostenuta, e lo stesso accadeva quando ascoltava le sue musiche preferite. Per due volte ha anche pianto.” La relazione più commovente, però, è stata quella con la mamma:”Quando entrava lei, non smetteva di seguirla con lo sguardo“. Ma quali sono le prospettiva di questa scoperta? Inutile dire che una rivoluzione del genere influenzerebber anche le tematiche bioetiche. La Sirigu in questo senso è netta:”Da oggi la parola “irreversibile” non si potrà più dire. (…). Inoltre l’esperimento dimostra che anche in pazienti gravissimi, finora ritenuti privi di speranza, dopo molti anni la plasticità del cervello permane (la Pet ha registrato la comparsa di nuove connessioni nervose) e che un recupero della coscienza è sempre possibile. Ora dovremo passare a sperimentare il trattamento su un numero più ampio di pazienti: crediamo che sia vitale soprattutto per le persone in stato di minima coscienza, per dare loro maggiori possibilità di comunicare con il mondo esterno“.

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